REGIONI DIVISE ALLA MOSTRA PER L’UNITÀ D’ITALIA: COSÌ IL PAESE RIFIUTA LA SUA COMPLESSITA’

Tricolore.jpgQui Roma, inaugurazione delle mostre delle regioni per i 150 dell’Unità d’Italia: ovvero, come trasformare una buona idea in un ritratto deformante dell’Italia di oggi, demoralizzata, frammentata, incapace di credere in se stessa.

A fare gli onori di casa al Vittoriano (con Letta e Amato) c’è il neo-ministro della cultura Giancarlo Galan, che nel caos di questi primi giorni al ministero si era mezzo dimenticato l’appuntamento, e per volare ad accogliere il Presidente Napolitano ha dovuto lasciare in attesa per un paio d’ore il presidente del Consiglio superiore dei beni culturali Andrea Carandini, convocato al Ministero per concordare il rientro delle sue dimissioni. Ci sono buona parte dei governatori del paese, ma quasi nessuno del Nord (manca Zaia, per la defezione della giunta, sostituito dal Consiglio Regionale, col presidente Ruffato e i consiglieri Tesserin, Grazia e Puppato, ma mancano anche Tondo, Cota, Formigoni). Brilla l’orecchino di Vendola, che saluta amichevolmente tutti, compreso l’ex missino Teodoro Bontempo.

TENSIONE IN PARLAMENTO: NAPOLITANO “FUGGE” VIA PER CONVOCARE I POLITICI

Napolitano visita la mostra ma si ferma poco, e soprattutto diserta il concerto di Ennio Morricone all’Auditorium, per chiamare a rapporto, in modo un po’ irrituale, i capigruppo parlamentari. Si respira un clima confuso e preoccupato per le tensioni che paralizzano il parlamento e dividono l’Italia.

 

La mostra, come si diceva, è emblematica dello stato di disorientamento e frammentazione in cui versa ora il paese: ecco perché l’Unità d’Italia vista dalle regioni non può che essere celebrata all’insegna della valorizzazione delle differenze. E infatti la rassegna si intitola “L’unità dell’arte italiana nella diversità delle regioni” .

Ogni regione presenta quattro artisti, organizzati cronologicamente, e ad aprire la sfilata è il bellunese Ippolito Caffi con un olio del 1848 (“Visco Illiria – assalto del 17 aprile 1848”) prestato un po’ forzosamente dai Musei veneziani, mentre nel centro esatto dell’esposizione campeggia un imponente Emidio Vedova del 1982, “Emerging ’82-6”. Ma il Veneto ha portato a Roma anche Giacomo Favretto e Arturo Martini, mentre il Friuli V.G. è presente con Zoran Music, Armando Pizzinato e Afro Basaldella.

TANTE ECCELLENZE ARTISTICHE MA NESSUNA CAPACITÀ DI SINTESI

Una mostra con molte “grandi firme”, dunque, come Pellizza da Volpedo e De Nittis, Fattori e Segantini, Boldini e Boccioni, Morandi e Scialoia, Melotti e Rotella, Burri e Luzzati, Guttuso e Pistoletto, e che sarà richiamata in America, in autunno, dalla comunità italiana d’oltreoceano: ma anche una mostra che inevitabilmente riflette l’attuale deriva localistica e insieme i sempiterni vizi e difetti del nostro paese, che sa esprimere molte eccellenze, ma non riesce a farne una sintesi unitaria. Come se fosse possibile raccontare 150 anni di storia dell’arte immaginando pittori e scultori rinchiusi nelle rispettive “piccole patrie”, alieni dai contatti fra loro ed estranei ai grandi flussi culturali e artistici internazionali. E’ come se anche la politica culturale avesse abdicato al suo dovere di fare sintesi tra le differenze, limitandosi ad accostarle cronologicamente senza farle interagire per elaborare un paradigma più significativo.

Il risultato è una sottovalutazione di correnti artistiche importanti, ma evidentemente poco “sentite” come “proprie” dai selezionatori regionali, come la Macchia, il Futurismo o l’Arte povera… E gli effetti dannosi sono evidenti: nella foga di valorizzare specificità che non dialogano fra loro non si riesce più a dare conto della complessità della storia e della cultura del nostro paese, che quindi si presenta (anche di fronte agli stranieri) col volto dimesso di chi non sa più bene nemmeno chi è, e comunque ha poco da proporre agli altri.

L’EGEMONIA LOCALISTICA: COSI’ IL PAESE SI IMPOVERISCE

Resta un mistero il perché le altre forze politiche e culturali accettino supinamente questa egemonia fondamentalmente leghista e localistica, e appaiano così timorose da non provare neppure a convincere il paese a investire con più decisione su se stesso, sui sentimenti di reciproca solidarietà dei territori (vedi il caso-Lampedusa), sulla sua lunga anche se contraddittoria storia unitaria, e da ultimo sui valori patriottici che hanno animato le recenti celebrazioni dell’Unità d’Italia il 17 marzo. Probabilmente potrebbe risultare per loro persino elettoralmente redditizio…

REGIONI DIVISE ALLA MOSTRA PER L’UNITÀ D’ITALIA: COSÌ IL PAESE RIFIUTA LA SUA COMPLESSITA’ultima modifica: 2011-04-01T03:02:00+02:00da sergiofrigo
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