INDIPENDENTISMI E POPULISMI, LE SOLUZIONI SEMPLICI – E SBAGLIATE – AI PROBLEMI DELLA STORIA

ReferendumVenetoEcco alcune cose che penso su indipendentismi e populismi (spesso xenofobi) che dominano la scena veneta, italiana ed europea.LePen

 

 

1 – Anche se li avessi visti coi miei occhi in fila ai seggi, farei fatica a credere che oltre due milioni di veneti (7 su 10) sono andati a votare per staccarsi dall’Italia. Ora che si affaccia la cifra ragionevole di 100mila votanti (ragionevole in relazione al numero di voti che hanno ottenuto nelle elezioni reali) qualcuno degli indipendentisti comincia a dire che non è il caso di sottilizzare con i numeri. Ma se siamo qui a discuterne è proprio perché loro hanno sparato questa cifra enorme, e il sistema mediatico (non solo italiano) ci è andato dietro acriticamente: per “soli” 100mila votanti non si sarebbe scomodato nessuno.

“RAPPRESENTIAMO IL POPOLO!”

2 – E’ tipico di tutti gli indipendentismi – dalla Corsica, ai Paesi Baschi, all’Irlanda del Nord – pretendere di rappresentare l’interezza del popolo, e arrogarsi il diritto (nel nome della resistenza all’oppressore) di scegliersi le modalità di lotta per la liberazione. Invece c’è un modo semplice per misurare il proprio peso elettorale effettivo, senza ricorrere a costosi e divisivi referendum: presentarsi alle elezioni con il proprio programma separatista (magari cercando – per una volta! – di non litigare subito su tutto), e chiedere agli elettori di votarlo.

UN’UTOPIA ANACRONISTICA

3 – Detto questo – e senza nulla togliere alla sincerità e alla nobiltà del sogno indipendentista – vorrei entrare nel merito spiegando perché al giorno d’oggi io ritengo l’indipendenza del Veneto (ma anche gran parte delle altre istanze secessioniste europee) un’utopia anacronistica, e inadatta al confronto con la modernità: la complessità che ha assunto il mondo moderno e la forza acquisita dai potentati economici internazionali – tendenzialmente globalizzati, impersonali, corporativi, monopolisti, concentrazionari – rendono indispensabile alla politica, che dovrebbe rappresentare gli interessi generali e garantire lo sviluppo anche futuro delle società, di assumere dimensioni (e poteri) analoghi, di gran lunga superiori a quelli che detiene attualmente.

A COSA SERVE L’EUROPA UNITA

4 – La dimensione continentale, nel caso dell’Europa, è a malapena sufficiente a reggere il confronto con i potentati economici globalizzati, e purtroppo la sua frammentazione politica, e il predominio al suo interno di interessi particolari (nazionali e corporativi) e di oligarchie burocratiche contribuiscono a renderla sempre più ininfluente. Ma quella per una vera unificazione europea resta a mio parere l’unica battaglia degna di essere combattuta per non far prevalere le forze cieche dell’accumulazione selvaggia e dell’ingiustizia globale.

5 – Le tendenze frazionistiche e i nazionalismi alla Le Pen da questo punto di vista sono deleteri, perché distraggono i popoli dai nodi reali del confronto, li illudono che le soluzioni siano in un ritorno alla purezza idealizzata del passato, e deviano risorse ed energie verso la realizzazione di piccole fortezze comunitarie destinate a non contare nulla nel confronto globale e ad essere spazzate via al primo stormire di foglie dei mercati.

GLI XENOFOBI SBAGLIANO NEMICO

6 – Un discorso a parte merita la degenerazione populista e xenofoba che (a volte, non sempre) accompagna la deriva nazionalista o regionalista. Il populismo interpreta il disagio dei bianchi poveri e delle classi medie impaurite, che arrendendosi all’impossibilità conclamata di rivendicare maggiore equità e una redistribuzione delle ricchezze a carico dei ceti più ricchi e potenti, individuano i propri avversari fra gli ultimi arrivati, gli immigrati, che sono i concorrenti diretti nella lotta per la sopravvivenza e nell’accesso alla pubblica assistenza. Sbagliano l’obiettivo, strumentalizzano il disagio sociale, confondono concorrenti e nemici, preparano un mondo sempre più incattivito e pericoloso.

LE COLPE DELLA SINISTRA (E IL SUO COMPITO OGGI)

7 – Va anche riconosciuto che gran parte del successo dei populisti è colpa di una sinistra che da un lato ha disimparato a fare il proprio mestiere di paladina dei diseredati, dall’altro ha introiettato molti dei valori, delle abitudini e dei difetti delle classi dirigenti tradizionali; la sua carica prima rivoluzionaria, poi riformista, è stata costretta a venire a patti da un lato con l’esigenza di rappresentare una maggioranza di cittadini che poveri in senso stretto non lo sono, e dall’altro con la necessità di fare i conti con i vincoli dei patti internazionali e le compatibilità dell’economia globale. Ad esempio: per stare sul mercato bisogna confrontarsi ora con costi del lavoro e condizioni di sicurezza enormemente ridotti rispetto ai nostri standard, e difendere lo status quo e i diritti acquisiti da noi diventa sempre più problematico: bisognerà dunque prendere atto prima o poi che l’impoverimento della società europea è reale, e che il nostro stile di vita dovrà modificarsi di conseguenza. Io penso che gestire questi cambiamenti con equità ed efficienza sia il compito storico che tocca alla sinistra oggi, e che nessuno – stante il suo back-ground ideale e la capacità di visione globale che essa ha saputo esprimere nei suoi momenti migliori – possa farlo meglio di lei (ma su questo la discussione è più che aperta).

QUESTIONE NAZIONALE E QUESTIONE VENETA

8 – Altra questione è quella dell’alta tassazione, dell’inaccettabile livello di corruzione, e di conseguenza della scarsa efficienza di cui da’ prova da decenni il nostro paese, che nelle condizioni descritte prima diventano devastanti per la tenuta del quadro produttivo e sociale. È tutto vero e reale, ma la rabbia, l’impotenza e la paura che pervadono la società veneta non sono diverse da quelle che si registrano in gran parte delle regioni italiane. Non solo: non si troverà in Italia una regione, un comune, un singolo cittadino che non siano convinti di aver dato al Paese il massimo e anche di più, e di aver ricevuto indietro molto meno; e nessuna comunità locale che non sia arci-convinta, come lo sono i veneti, di essere migliore di tutte le altre, per la propria storia, per le proprie caratteristiche geografiche, per le proprie doti umane o la propria voglia di lavorare. Ne sono convinto anch’io, ma non credo che fare da sé, e gli altri a bagno, sia la strada giusta per risolvere il problema. La storia è piena di proposte semplici e rapide per risolvere problemi complessi; peccato che si siano rivelate quasi tutte sbagliate.

INDIPENDENTISMI E POPULISMI, LE SOLUZIONI SEMPLICI – E SBAGLIATE – AI PROBLEMI DELLA STORIAultima modifica: 2014-03-27T13:59:01+01:00da sergiofrigo
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