C’è più di un paradosso, nella politica odierna. Mentre le “categorie” tengono in ostaggio il Paese alimentando la protesta in particolare contro le liberalizzazioni e dando l’impressione di una mezza rivoluzione in atto, i sondaggi affermano che questa in realtà è la strada che la maggioranza dei cittadini vuole percorrere (anche se ognuno preferirebbe che si cominciasse dagli altri, possibilmente), e danno inoltre in ripresa la popolarità di Mario Monti (secondo La 7 ha riagguantato quota 60%, per tutti gli altri istituti è comunque sopra il 50%).
Senza entrare nel merito del provvedimento varato ieri dal governo – che Napolitano ha definito “corposo e incisivo” ma nel quale ci sono a prima vista anche cose molto discutibili – mi pare comunque che esso dia una scossa al Paese, finora bloccato da corporativismi diffusi che frenano la concorrenza, da complicazioni burocratiche insormontabili e da carenze infrastrutturali secolari. Nessuno, mi pare, nel recente passato ha fatto di più, e in così breve tempo.
E SE LA RIBELLIONE FOSSE SOLO MEDIATICA?
Non è che lo stile comunicativo austero ma efficace del Presidente del Consiglio quando spiega tutto questo comincia a fare breccia fra la gente, e che la mezza rivoluzione che vediamo in televisione è, sostanziamente, un’enfatizzazione mediatica? (non sarebbe la prima volta, si veda l’esito modesto delle mobilitazioni dei Tea Party o degli indignados in America e in Spagna).
I VERI NEMICI SONO IL PESSIMISMO E LA PAURA NEL FUTURO
Se le cose stanno così il vero nemico da battere, quello più potente e insidioso, non è tanto l’ostilità dei tassisti, dei farmacisti o dei notai, quanto il pessimismo e la sfiducia nel futuro (spesso giustificata dalla perdita del lavoro) che ancora attanagliano gli italiani e impediscono di buttare il cuore oltre gli ostacoli.
Ma questo compito, mi pare, non spetta al governo: tocca a noi stessi ritrovare e alimentare il coraggio e la speranza.