PORDENONELEGGE: ITINERARI VIRTUALI SUI LUOGHI DI RIGONI STERN E DEGLI SCRITTORI IN GUERRA

IoPnLegge2013.jpgSabato sono intervenuto a Pordenonelegge nell’ambito della giornata dedicata alla presentazione del progetto WW1 – Dentro la Grande Guerra, che ha visto anche lo svolgimento del Collection day per la raccolta di reperti bellici da inserire nel grande museo virtuale di Europeana.

Con Giambattista Marchetto e Michail Paschalidis IoeMarchetto.jpgabbiamo affrontato il tema degli Itinerari letterari di inizio secolo e memorialistica privata sulla Grande Guerra.

Nella seconda parte dell’appuntamento Patrizia Marchesoni, Marco Mondini e Emanuela Zilio hanno approfondito il tema definendolo come “un progetto per la memoria”.

Qui allego un clip che illustra l’iniziativa http://www.grandeguerra100.it/, sotto il mio intervento che affronta più nel dettaglio i percorsi letterari attraverso i nuovi strumenti virtuali, a partire dall’esperienza di Mario Rigoni Stern e degli autori da lui amati.

MARIO RIGONI STERN E GLI SCRITTORI IN GUERRA NEGLI ALTIPIANI

MRSmilitare006.jpgLa guerra, assieme alla natura, è uno degli elementi fondanti dell’opera di Mario Rigoni Stern, di cui ricorre quest’anno il quinto anniversario della morte. Non solo la “sua” guerra, la seconda, da lui vissuta su molti fronti prima di quello definitivo della Russia (nella foto il Sergente in Val D’Aosta), ma anche la prima, quella che si è svolta sulle sue montagne, e di cui ha toccato con mano fin dall’infanzia le drammatiche conseguenze.

I due temi – guerra e natura – interagiscono in profondità, nell’opera di Rigoni Stern, con un altro elemento, solitamente poco considerato dai critici: le sue letture, che furono fin dall’infanzia magari non sistematiche, ma molteplici e variegate (da Salgari a Verne a Conrad) e via via più impegnative col procedere dell’età e della sua consapevolezza di letterato: nelle steppe russe aveva nello zaino la Divina Commedia, poi amò moltissimo, assieme a Lucrezio e Leopardi, i grandi romanzieri russi e gli scrittori di guerra: tutte letture che avrebbero trasformato le sue esperienze personali in altissime pagine di storia.

 

IL PROGETTO

Ecco, qui oggi intendo parlare di un progetto che ha l’ambizione di far dialogare insieme – con l’apporto delle tecnologie avanzate della comunicazione, nella fattispecie una applicazione per smartphone e tablet – questi diversi aspetti dell’opera dello scrittore, mio conterraneo: la memoria (legata soprattutto alla guerra) che diventa storia, la natura nella sua dislocazione nel territorio, e l’esperienza letteraria. Il tutto con significative ricadute su due ambiti solo apparentemente estranei al mondo del Sergente nella neve: la comunicazione (e la promozione) di un certo tipo di turismo, evoluto e sostenibile, e la trasmissione della memoria alle nuove generazioni, con le quali è decisamente più facile comunicare attraverso i nuovi mezzi mobili, come ipad e smartphone. Ma su questo torneremo ampiamente più avanti.

 

I SUOI TEMI

Come si articolano dunque i rapporti dello scrittore con i suoi temi ispiratori?

Risponderò con le parole di Andrea ZanzottoRigoniZanzotto.png, RigoniZanzotto.jpgRigoniZanzotto.pngche di Rigoni Stern era amico, coetaneo ed estimatore, ma che era anche un finissimo critico letterario; egli ne svelò la formula con poche, efficacissime parole: “Rigoni ci fa sentire quello che prima le fanfare, i cannoni e le campane non ci facevano ascoltare”. Con maggior dettaglio Folco Portinari, che ha curato per Einaudi la raccolta dei racconti di guerra di Rigoni Stern, spiega che in lui avviene un “rovesciamento della storia degli eroi e dei generali perché il suo vero eroe é il milite ignoto”. Si tratta dunque di un racconto dal basso in cui non c’è neppure un vero nemico, se non i potenti che hanno mandato i loro soldati e i loro popoli allo sbaraglio.

Un approccio agli eventi bellici che vede Rigoni Stern “naturalmente” in sintonia con le acquisizioni degli storici, che una volta esaurita l’analisi delle strategie geo-politiche della Grande Guerra e delle sue fasi militari, hanno preso da tempo e forse più proficuamente ad approfondirne le enormi ricadute in tutti i campi dell’esistenza umana.

Il suo punto di vista è perfettamente esemplificato nei seguenti brani, che vedono il protagonista della Storia di Tönle, il suo romanzo più bello (per sua stessa definizione, mentre considerava Il Sergente il più importante) alle prese con lo scoppio della guerra, il primo, e con l’avvio della Strafexpedition, il secondo. (Nelle foto Asiago prima della guerra e dopo i primi bombardamenti)

 

Asiagovecchia.jpgAsiagobombardata.jpg 

 

DAL TÖNLE

La mattina di buon’ora del giorno 24 Tönle aveva guidato le pecore verso i soliti pascoli; poi si sedette ad accendere la pipa e a godersi il giorno. Sentì dapprima come un brontolio per il cielo, poi uno scoppio lontano. Si alzò in piedi e guardò intorno: non vide niente ma ancora sentì quel brontolio e lo scoppio ripetersi, e susseguirsene altri più numerosi. Allora capì: era incominciata la guerra e i forti del Campolongo e del Verena sparavano a quelli di Luserna e di Vezzena…”


“… quella mattina, sul fare del giorno – e qui siamo il 15 maggio del 1916 – Tönle non vide i camini fumare, né gente in movimento negli orti e nelle strade che portavano ai boschi. Prima non ci aveva fatto caso, ma dopo aver sentito quei colpi capì il perché. Per la terza volta, con mestizia, riaccese la pipa: sentiva tristezza e anche rabbia quasi da sentirsi cattivo anche lui per la crudeltà dei governi e dei poeti che volevano la guerra.

Tönle si alzò in piedi appoggiandosi con due mani al bastone; sentì quindi scendere dal cielo, da sopra i monti, come il rombo sordo e cupo di un grosso insetto e poi silenzio assoluto e laggiù, verso l’Hort, un bagliore e un grande fumo levarsi e dopo un boato da far tremare le radici delle montagne. Restò sgomento.

Era il “Lungo Giorgio”, il cannone da 350 mm che sparava bombe da 750 chili per trenta chilometri; aveva dato il segnale della “Spedizione punitiva””. IMG_2359.JPG

(Nella foto un proiettile del “Lungo Giorgio” conservato nel Museo della guerra di Canove, vicino al direttore, Romano Canalia)

GLI SCRITTORI

È l’irruzione della Grande Storia nella piccola storia quotidiana di una comunità di montagna, la tragedia universale che si riversa, zittendola brutalmente, sulla commedia umana che andava in scena da secoli nella sua Piccola Patria. Ma questo non determina in Rigoni Stern il banale compianto per un’Arcadia distrutta, ben altri sono gli echi suscitati nelle sue pagine dalla tragedia. Nella descrizione dell’irrompere devastante della guerra nella vita di tutti i giorni si avvertono le risonanze universali di un destino che si compie per tutti gli uomini, ma che si accanisce in particolare sui più umili fra di essi; in quelle pagine ci sono gli echi delle opere di Emilio Lussu e Paolo Monelli, che alla guerra sull’altopiano dedicarono pagine intensissime, e di cui egli sarebbe diventato amico. Monelli fu il principale sostenitore del Sergente nella neve al Premio Viareggio, nel 1953; e a Lussu Rigoni Stern riservò un cameo nel finale della “Storia di Tönle”; ma in queste pagine c’è anche l’antiretorica del “Diario di un imboscato”, di Attilio Frescura, e delle “Trincee” di Carlo Salsa, letti di nascosto da un Rigoni Stern ancora ragazzo sottraendoli alla biblioteca paterna.

Tutti questi scrittori, e anche quelli che sarebbero venuti dopo di loro (da Gadda a Meneghello), hanno fatto dell’Altopiano un paesaggio letterario ante-litteram, anche se hanno avuto e raccontato esperienze profonde altrove, come rileva bene Claudio Rigon, autore de “I fogli del capitano Michel”: è il territorio stesso – in cui si arriva salendo, in cui ci si addentra fino ad averne un’esperienza profonda, e da cui si riparte con un ricordo indelebile – a favorire la catalizzazione di questo vissuto, la sua sedimentazione, e quindi la sua trasmissione, avendo questa terra come sfondo ideale. Ma Rigoni Stern rimane, e questa operazione la compie per tutta la sua vita, perfezionando questo tratto identitario dell’Altopiano al massimo livello, e lasciando infine in eredità ai suoi compaesani e in genere a tutti gli uomini della montagna, e per estensione anche agli abitanti di tutte le periferie, un monumento letterario incommensurabile, fatto anche di identità, di orgoglio, e della dignità di un senso di appartenenza.

 

Se da Tönle abbiamo sentito il racconto dell’inizio della guerra e della Spedizione Punitiva, ecco ora da Attilio Frescura un altro punto di vista sul primo colpo di cannone su Asiago, il quel maggio del ’16, attribuito al pilota di un aereo nemico che quella mattina sorvolava l’altopiano: AsiagoGuerra.jpg

Che avrà pensato quel piccolo uomo lassù ce dirigeva il tiro e attendeva di radiotelegrafare l’effetto del colpo?

Piccoli uomini fuori dalla guerra e nella guerra: voi dormite e non sapete. E, fra poco, ecco, fra due secondi, fra un secondo, un colpo enorme sventrerà, frantumerà una casa, due case, e uomini e donne e bambini e cose…”

Il rombo è stato enorme. Sono corso dove il polverone si alzava lento. Ho avuto la visione tragica per via: un soldato portava, correndo, un bambino, col capo ricciuto tutto bianco di macerie e rigato di sangue, con gli occhioni da cui già fuggiva la vita: “Largo! Largo! Passa la morte”.

 

I “NEMICI”

Questa pagina ci avvicina a un’altra caratteristica dell’opera di Rigoni Stern, l’attenzione al sentire, a volte comune a volte esattamente speculare, dei “nemici”, come quando in un’isba, durante la ritirata del ’43, si ritrovò a mangiare una zuppa assieme a un gruppo di soldati russi: riecheggia nelle sue pagine ad esempio la straordinaria scoperta dell’Hemingway di “Addio alle armi”, nel 1946, quando il giovane reduce di Russia curava la Biblioteca degli ex combattenti al suo paese, e che avrebbe cercato (inutilmente, dice lui) di imitare in una stesura del Sergente nella neve (anche se Folco Portinari non ha remore ad affiancare il suo racconto della ritirata di Russia a quello della rotta di Caporetto del grande maestro americano). E c’è l’incontro con il Robert Musil di “La guerra parallela” e il Fritz Weber di “Tappe della disfatta”, che negli stessi giorni di Tönle descrive dal vicino Forte Verle,  appena di là dal confine, un paesaggio idilliaco già attraversato però da presagi di morte:

 

È un tiepido giorno di primavera, ma qui dentro, nella piccola cupola corazzata, fa fresco come in una cantina, se stendo la mano attraverso la feritoia, un alito d’aria calda l’accarezza. Di tanto in tanto un soffio di vento spruzza di polvere i muri di cemento.

Passò quassù sei ore al giorno e contemplo un paesaggio FOTO che, soltanto una settimana fa, non conoscevo neppure di nome: prati e alture boscose, una strada stretta e bianca su cui si affaccia, proprio lungo la linea di frontiera, una piccola locanda: Vezzena. Più in là i resti di alcune baite distrutte dal fuoco. Nello sfondo, una lunga parete rocciosa che scende ripida verso valle. A sinistra della vetta, quattro gobbe simmetriche: le torrette corazzate del forte italiano di Verena. A destra, già avvolto in una nebbia violacea, un secondo forte: Campolongo.

Il paesaggio ha un aspetto abbandonato. Si direbbe che sia sotto l’incubo di un temporale, nonostante la limpidezza del cielo”.

 

E le bombe che distruggono Asiago e ne mettono in fuga gli abitanti, segnano al contrario per Weber la fine di un incubo, di un anno rinchiuso come un topo, assieme a 300 compagni, in una fossa di ferro e cemento, martoriata – seppure inutilmente – dalla nostra artiglieria:

Forte_Verle_passo_Vezzena_02.jpg“L’alba del 15 maggio ci porta finalmente la liberazione. L’offensiva si scatena nel vicino settore di Folgaria. Il 19 maggio noi pure apriamo il fuoco. Poche ore dopo la nostra fanteria si lancia contro le posizioni che, per un anno intero, erano state un inespugnabile baluardo nemico: Pizzo Leve, il Costone di Marcai, il Costesin (…)

Anche Forte Verle spara. Nella notte precedente l’offensiva siamo riusciti a mettere in batteria un obice e partecipiamo così noi pure all’opera di distruzione. Si tratta semplicemente di una modesta bocca da 100 mm: in mezzo alla grandine dei grossi calibri, il nemico deve accorgersi appena delle nostre granate. Però noi spariamo e questo fatto è come una grande festa”

 

En passant va notato che meno di un anno prima lo stesso uomo aveva scritto:

 

Una granata scompare nella camera di scoppio, mentre vien collocato il cartoccio.

In questo preciso attimo una strana impressione s’insinua in me. Penso che le cinque persone le quali, me compreso, si trovano nella torretta, stanno per commettere un delitto terribile”.

 

Depurata dalle ideologie, dalle grandi visioni geo-strategiche, dalla morsa della violenza, l’esperienza del nemico diventa prettamente umana, straordinariamente analoga a quella del nostro soldato, e dunque naturalmente avversa alla retorica e al bellicismo, lievito di quell’istanza di rispetto, solidarietà, pacificazione che fu uno dei temi portanti dell’opera e della vita stessa di Rigoni Stern.

A questi contenuti lo scrittore ispirò la realizzazione, nel Duemila per la Neri Pozza, di un’importante antologia di “Testimonianze di soldati italiani al fronte”, con la prefazione di Carlo Azeglio Ciampi, in cui egli dimostrò grande perizia critica scegliendo pagine indimenticabili dagli scrittori più diversi – dagli autori citati a Carlo Emilio Gadda, da Giani Stuparich a un anonimo alpino sul Pasubio – sempre nell’ottica di far vedere “dal di dentro” cosa fu quel conflitto, e quali effetti esso ebbe sulla vita e sulla psiche degli uomini che lo combattevano o lo subivano.

 

IL TERRITORIO

 

Ma soprattutto Rigoni Stern MRS foto di Vittorio Giannella.jpg(a destra una foto di Vittorio Giannella) era un lettore del grande libro della storia e della natura, di cui – grazie alla sua umanità e forse anche alla sua apparente semplicità, che faceva di lui un efficacissimo recettore di storie e di significati – si fece vero e proprio interprete presso i suoi simili. A mio modesto avviso infatti la forza dei suoi libri è che non parlano per se stessi, ma, come avviene in altri grandi scrittori, sono un tramite fra queste forze possenti e l’uomo del ventesimo secolo.

Non c’è rilievo, sull’Altopiano, non c’è avvallamento del terreno, non c’è albero quasi di cui egli non conosca la storia, se essi nascondano una trincea o piuttosto una vecchia postazione militare, e di ogni pianta, arbusto, fiore gli è presente – come ha osservato ancora Portinari – che essi sono concimati – letteralmente – dal sangue di decine di migliaia di morti della prima guerra mondiale. Ecco perché nella sua opera guerra e natura, storia e territorio, sono così intimamente legati. “Ora, quando vado per le mie montagne – disse lo scrittore in un’intervista a Mimmo Sacco – ripopolo queste trincee e questi camminamenti, queste postazioni di artiglieria, di soldati nostri e loro; penso alle loro fatiche, alle sofferenze e alle speranze. Ai tanti caduti”.

 

LA APP

 

Da queste premesse si sviluppa un progetto multimediale – messo a punto con l’editore Mazzanti di Venezia – che intende valorizzare la storia e il territorio proprio a partire dall’opera di Rigoni Stern e di altri scrittori, e che avrà il suo interfaccia ideale nel progetto WW1 di cui parliamo oggi. L’idea è di realizzare per gli apparecchi mobili (smartphone e tablet) dei parchi letterari virtuali che accompagnino gli utenti, grazie alla geolocalizzazione ma anche ad una descrizione dei percorsi, FOTO nei luoghi descritti nei libri dei grandi maestri: il tutto arricchito da mappe, citazioni, immagini, video-testimonianze e ricostruzioni che ne favoriscano la fruizione – naturalmente con un forte aspetto emozionale e un alto livello di interattività – anche da parte delle nuove generazioni a cui Rigoni Stern era tanto legato, e alle quali deve essere trasmesso il suo messaggio. Schella Marzo. 2.jpg

(nella foto Mario negli anni ’50, assieme a un gruppo di ragazzi di Asiago che festeggiano “Schella marzo”)

Tutto questo può essere esteso, nel caso di questa regione, ai luoghi di Joyce o di Svevo, di Stuparich o di Ungaretti, potenziando tecnologicamente ad esempio l’ottimo lavoro già realizzato col parco letterario di Castelnuovo e con gli itinerari collegati.

 

Queste iniziative hanno anche un’altra ricaduta sul territorio: gli ambienti a forte impatto turistico infatti tendono a vedere erosa e consumata col tempo la loro identità e specificità, che è anche il motivo per cui suscitano tanto interesse. Ogni territorio però è fatto di stratificazioni fisiche, storiche, culturali ben più profonde di quelle che riusciamo a cogliere ad un impatto superficiale. Ecco dunque che con queste tecnologie possiamo coglierle più agevolmente, e dunque “leggere” il territorio più in profondità: ad esempio con la realtà aumentata possiamo far vedere ai fruitori se un determinato luogo ha avuto delle presenza in epoca preistorica, e vederne la ricostruzione virtuale; oppure ricostruire le diverse fasi delle azioni belliche che si sono svolte in una determinata zona; o ancora rivedere un forte com’era quando era popolato di soldati e prima che fosse distrutto dalle bombe. E naturalmente possiamo condividere queste esperienze con amici e appassionati tramite i social network e le comunità spontanee di interesse costituite al loro interno, con effetti virali sorprendenti. Mi pare che anche le ricadute pratiche di tutto questo – in termini di valorizzazione e promozione del territorio – vi siano evidenti.

PORDENONELEGGE: ITINERARI VIRTUALI SUI LUOGHI DI RIGONI STERN E DEGLI SCRITTORI IN GUERRAultima modifica: 2013-09-23T12:31:00+02:00da sergiofrigo
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