Come tutti i leader che lasciano il segno nella storia Margaret Thatcher ha avuto la fortuna di intercettare con le sue idee e le sue doti di leadership l’onda emergente nella società del tempo. Non necessariamente questo è stata una fortuna anche per la società stessa (termine che lei aborriva) né per i singoli individui che hanno avuto la ventura di subire le sue scelte.
Se poi allarghiamo la visione a cerchi geografici e temporali più vasti, la valutazione vira inesorabilmente verso il negativo: sul processo di integrazione europea, ad esempio, la sua azione fu deleteria, e ne risentiamo pesantemente gli effetti ancor oggi nelle eccezioni riconosciute all’Inghilterra nelle politiche di bilancio; per non dire del suo atteggiamento sistematicamente complice nei confronti dell’apartheid e delle dittature di destra. Ma ancora più precise sono le responsabilità, ancor oggi misconosciute dai suoi epigoni, del liberalismo spinto suo e dell’amico Reagan nell’attuale crisi globale: linko a questo proposito questa riflessione di Alberto Mingardi, direttore dell’Istituto Bruno Leoni, dal quale dissento dalla prima all’ultima parola.
Per dirla in estrema sintesi, non credo che il retrobottega di un pizzicagnolo (quale fu suo padre) sia l’unico luogo possibile da cui guardare il mondo e trarne ispirazioni per una filosofia di vita e per un’azione di governo della politica globale. E se è vero che in quegli anni la sua ricetta funzionò, contribuendo a liberare energie individuali e rimediando ai guasti dello statalismo spinto del passato, è altrettanto vero che sul lungo periodo essa ha dimostrato tutte le sue carenze, contribuendo a instaurare un darwinismo sociale che minò nel profondo le reti di relazioni e di compensazioni che univano le comunità ed esaltò le disuguaglianze sociali.
Non si tratta di semplici danni collaterali, perché se in misura contenuta le disuguaglianze producono competizione e spirito di emulazione, una volta lasciate libere di espandersi fuori da ogni controllo collettivo esse determinano situazioni di monopolio e privilegio (e al contrario senso di estraneità fra gli esclusi) che producono gli effetti deleteri sull’economia, la politica, la società e anche le singole famiglie a cui assistiamo negli ultimi anni.