QUELL’ALBERO SOLIDO E GENTILE, METAFORA DELLA BUONA POLITICA

Oggi ho raccolto le olive. Il mio ulivo, retaggio di Liguria e di memorie personali felicemente trapiantato in terra veneta, quest’anno ha lavorato bene.

Continuo ad avere un debole per quest’albero, che è stato anche il simbolo di una stagione politica, poi prematuramente mandato in legnaia. Al netto della simbologia pacifista e religiosa, continua a sembrarmi una bella metafora della sinistra (e del paese), quando essi funzionano.

Non chiede posti comodi per crescere e fruttare, ad esempio: gli bastano anche poche manciate di terra tra le rocce e sugli strapiombi; è solido ma discreto, e offre un’ombra gentile e un legno duro e resistente. Le sue radici, nei pendii della Liguria, sposandosi alle pietre dei muri a secco tengono assieme il terreno evitando le frane.

I suoi rami sono spesso ritorti e intrecciati: per produrre frutti abbondanti l’ulivo deve essere infatti potato bene, ma il giusto, non troppo. Esso esibisce una sua sobria e durevole bellezza, di cui sono parte integrante le rughe lasciate dal tempo. Chi puntasse ad una potatura “estetica”,  finirebbe per trovarsi senza raccolto. 

Ed ecco infine le olive, vere e proprie perle preziose tra i frutti della terra. Potete ricavarne l’olio, che è stato una delle pietre angolari della nostra civiltà; oppure potete decidere di mangiarle, ma non pensate di poterlo fare appena colte dai rami. Sono infatti amarissime: ci vogliono ancora cura e pazienza, dovranno infatti prima stare per nove giorni a bagno in acqua fresca e pulita, da cambiare ogni giorno, e poi un mese in salamoia, magari con qualche foglia di alloro.

A quel punto saranno pronte, e squisite: almeno le mie. Ma spero che sia di buon auspicio per tutti.