PENNACCHI VINCE LO STREGA: LA LEZIONE DEL FASCIOCOMUNISTA

 

pennacchi_strega--400x300-1.jpgAntonio Pennacchi, sessantenne ex operaio di Latina, con il romanzo “Canale Mussolini” (Ed. Mondadori) ha vinto il premio Strega. Ha avuto 133 voti, quattro in più dell’esordiente Silvia Avallone, di 25 anni, autrice di “Acciaio” della Rizzoli che ne ha ottenuti 129. Per il Gruppo Mondadori si tratta della quarta vittoria consecutiva, e la cosa sta suscitando inevitabili polemiche nel mondo letterario.

Il vincitore però, anche se attualmente è ritenuto vicino al Pd, è un personaggio difficilmente etichettabile, e comunque spontaneo, genuino, brusco, sarcastico. Pennacchi è infatti l’autore de “Il fasciocomunista” , da cui è stato tratto il film “Mio fratello è figlio unico”, con Giordano e Scamarcio, romanzo che racconta personaggi in bilico fra le due ideologie apparentemente più inconciliabili prodotte dal ventesimo secolo.

Pennacchi lo abbiamo visto all’opera la scorsa settimana al Telecom Future Centre di Venezia, dov’era intervenuto all’incontro con gli altri quattro finalisti del Premio Campiello, dov’è ancora una volta il favorito: berretto alla Lenin, accento romanesco con antiche venature venete che gli derivano dalla famiglia originaria del Delta del Po, non ha avuto remore a protestare coi padroni di casa, gli industriali, lamentando più serio che faceto, «siete stati voi che ci avete cacciati»: e più che i suoi 30 anni di fabbrica, più che i trascorsi da sindacalista «così cattivo da essere stato espulso dalla Cgil», si è materializzata nelle sue parole l’epopea dei 30mila coloni spediti dalle Tre Venezie e dall’Emilia Romagna a bonificare l’Agro Pontino negli anni Trenta. Epopea che anima il suo libro, un romanzo che «sapevo di dover scrivere fin da quando avevo 7 anni – ha detto l’autore – ma col quale ho potuto confrontarmi solo da vecchio, perché solo da vecchi si può avere la pietas necessaria ad abbracciare tutti, anche i cattivi».

A spingerlo a scrivere («con tutta la fatica che mi costa», ha confessato) è stata la volontà di trasmettere una storia vera, di eroismo del dovere, prima che si disperdesse per sempre.  Il romanzo, ha detto ieri sera dopo la vittoria, è dedicato al fratello Gianni, appena scomparso, ad una nipotina che sta per nascere e agli operai di una fabbrica in crisi.

 

ECCO LE MOTIVAZIONI CON CUI NICCOLO’ AMMANITI E MASSIMO ONOFRI AVEVANO CANDIDATO PENNACCHI ALLO STREGA

Ci sono scrittori che sanno raccontare una storia e altri, assai pochi in verità, che sanno raccontare le gesta di un popolo attraverso le vite di alcuni. Antonio Pennacchi fa parte di questi ultimi. Per grandezza, passione e forza Canale Mussolini assomiglia a un enorme albero di fico che spacca la roccia con le radici e cresce e si snoda tra pietre e mattoni, buttando giù muri e tetti e ogni ramo, come ogni personaggio, trova la sua strada verso la luce. Antonio Pennacchi fa per l’Agro Pontino quello che Jack London ha fatto per lo Yukon.

Niccolò Ammaniti

 

 

Nel tempo della fine delle ideologie, alle ideologie non resta forse che farsi carne e sangue, sudore e sperma, memoria genetica. È quanto ha fatto, in Canale Mussolini, Antonio Pennacchi. Una saga e un’epopea: quella della famiglia Peruzzi, inseguita per più generazioni, fino all’appuntamento col suo destino spesso tragico. Una storia che aggiorna al nostro passato recente uno dei miti italici delle origini e fondativi: quello che si costruisce, tra galli e latini, etruschi e sabini, su un’idea della convivenza rissosa, della mescolanza di sangue, del fratricidio. Non per caso, gli eroi di Pennacchi si chiamano Pericle e Paride, Temistocle e Iseo, Armida, e così cantando: con toni d’evidente e antica epicità.

Massimo Onofri

 

PENNACCHI VINCE LO STREGA: LA LEZIONE DEL FASCIOCOMUNISTAultima modifica: 2010-07-02T14:58:00+02:00da sergiofrigo
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