UNA BIENNALE CHE “INSEGNA”, DIVERTE ED EMOZIONA

Biennale, Gioni, Venezia, Paolini, Palazzo enciclopedico JaarIstruire, far pensare ma anche divertire ed emozionare; la Biennale si presenta al pubblico come sempre con due facce: quella pensosa, costituita dai concetti che ispirano il lavoro e le scelte del curatore, la cui coerenza sarà approfonditamente valutata dagli addetti ai lavori, e quella ludica e spettacolare che colpisce i media e il grande pubblico, ma rischiando a volte di “cannibalizzare” tutto il resto. Anche il Palazzo Enciclopedico di Massimiliano Gioni, visitabile da ieri alla stampa, non sfugge a questa regola, anche se Gioni ha volutamente compresso il cotè spettacolare per privilegiare un’impostazione rigorosa che valorizza la documentazione dei tentativi di sistematizzare la conoscenza, che guida la sua rassegna; il tutto organizzato (con l’apporto di Annabelle Selldorf) secondo una esemplare vocazione pedagogica, che aiuta il visitatore comune a districarsi nel labirinto in cui sono state trasformate le Corderie dell’Arsenale e nel Padiglione centrale ai Giardini, fornendogli anche, come chiosa il presidente Paolo Baratta, «una possibile chiave per comprendere l’arte contemporanea, colmandone lo scollamento dalla società».


LE SORPRESE CHE NASCONO DALL’ORDINE
Epperò non per questo mancano le sorprese, i gesti artistici risolutori, una certa aria tra il magazzino bric a brac e la wunderkammer (la “stanza delle meraviglie”), in grado di colpire, stupire, divertire, commuovere chiunque. Solo che il tutto è collocato dentro un ordine che lungi dal mortificare l’inventiva, la esalta. «Ci sono tante storie e questa è una che nessuno ci ha mai raccontato – ha commentato Maurizio Cattelan, uno dei visitatori “vip” della pre-vernice, assieme al “nemico” Vittorio Sgarbi e ad un’entusiasta Barbara Berlusconi – Tanta è la ricchezza delle proposte e la varietà delle opere che solo un museo potrebbe avere la forza di fare una mostra così».

I 90 VENEZIANI-ZOMBI E LA CITTA’ CHE SI INABISSA
Pawel.JPGFra le cose che non mancheranno di colpire, soprattutto i veneziani, ci sono le 90 statue a grandezza naturale di Pawel Althamer, con le facce di altrettanti residenti ma il corpo degradato degli zombi; come non mancherà di colpire i residenti e gli amanti di Venezia il plastico dei Giardini che Alfredo Jaar fa inabissare in una vasca d’acqua, nel padiglione cileno, alle Artiglierie (video al fondo). Un’emozione profonda coglie chi entra nel grande tempio orientale ricostruito nel padiglione indonesiano.foto (39).JPG
Poche sale prima (per tornare alla mostra principale) prenderà letteralmente allo stomaco il video del ravennate Yuri Ancarani, l’artista che forse è andato più in profondità nell’esplorazione dell’uomo, con il filmato di un’operazione “dal di dentro”…

LE OPERE PRODOTTTE DALL’OSSESSIONE DI UNA VITA
A commuovere, della mostra, è invece una riflessione su tanti artisti anche involontari (ben 40 su 158 non ci sono più) che hanno letteralmente sacrificato le loro vite ad un’ossessione classificatoria, che nella dedizione totale e nella precisione tecnica si è sublimata in vera e propria arte: tralasciando i Maestri, ci sono qui decine di folli, visionari, profeti che hanno lasciato in eredità opere a volte straordinarie, ma comunque sempre inquietanti: come gli 800 arazzi realizzati su ispirazione divina in 50 anni di ospedale psichiatrico dal brasiliano Antonio Bispo do Rosario, come i dipinti in fuliggine e saliva dell’autorecluso James Castle, come il laboratorio onirico realizzato da Rossella Biscotti con le detenute della Giudecca; come (al Padiglione centrale, dedicato all’introspezione e introdotto dal magmatico e visionario “libro rosso” di Jung) i 60 diari da 700 pagine “farciti” di ritagli di Shinro Ohtake, la piramide di sangue, vetro e cenere dell’11 settembre di Jach Whitten, le grandi collezioni di animaletti intagliati di Levi Fisher Ames o di bamboline iper-realistiche di Morton Bartlett.

IL GUARDONE DEI GUARDONI E I GEMELLI ERMAFRODITI
Per divertirsi, invece, basterà dedicare qualche minuto, sempre nel Padiglione, alle 150 statuine di argilla di Peter Fischli e David Weiss, che hanno “immortalato” – solo per fare un esempio – i genitori di Albert Einstein dopo il coito che ha generato il genio, oppure Albert Hoffman dopo aver preso la sua prima pastiglia di Lsd…. Oppure, poco lontano, seguire le gesta del giapponese Kohey Yochiyuki, che ha speso molte delle sue notti nei parchi di Tokio a guardare (e fotografare, con avanzatissime macchine a raggi infrarossi per non farsi scoprire) i guardoni che spiano le coppie in amore… eve.jpegO magari seguire la performance di Eve e Adele, la coppia di gemelli ermafroditi dal futuro, come amano definirsi, che anche quest’anno come da 12 anni a questa parte, non hanno mancato di essere presenti alla vernice veneziana.

IL FIENO DI MARCO PAOLINI

C’è anche Marco Paolini, a questa Biennale: oggi pomeriggio alle 16 (e poi sabato e almeno altre 12 volte) vestito da Galileo Galilei presenterà allo Spazio Siza, al Giardino delle Vergini all’Arsenale, il suo “racconto di stagione” “Fén”, incentrato sul rapporto fra il lavoro manuale e il tempo digitale.foto (41).JPG

E quando non sarà presente nel padiglione lasciato in eredità alla Biennale dall’architetto portoghese, ci sarà la possibilità di attivarne la registrazione audio sfiorando alcuni antichi oggetti del lavoro dei campi posizionati sopra un mappamondo di fieno (diametro 3,14 metri esatti): una citazione, assieme al modello di un trattore, alle vicende di famiglia dei fratelli Cervi.

 

 

UNA BIENNALE CHE “INSEGNA”, DIVERTE ED EMOZIONAultima modifica: 2013-05-29T02:42:00+02:00da sergiofrigo
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