LA RELIGIONE AL TRAMONTO, ANCHE NEL NORDEST

Chiesa.jpegImpressiona veder morire una religione; eppure è quanto sta succedendo intorno a noi, stando ai risultati di un sondaggio su 2136 persone, diffusi ieri dall’Osservatorio socio-religioso del Triveneto. Se ancora tre quarti dei residenti nel Nord-est si dichiarano infatti credenti (ma vent’anni fa erano il 20% in più), nei comportamenti quotidiani e nei valori di riferimento si rileva come la pratica religiosa sia ormai patrimonio di una minoranza: poco più di un quarto (28.8%) sono coloro che vanno a messa la domenica, la stessa percentuale di coloro che credono ad una delle “verità” fondamentali della fede cattolica, la resurrezione dai morti. Appena un terzo sono coloro che credono che Dio intervenga nelle vicende umane, e solo 5% in più coloro che ritengono del tutto attendibile il Vangelo.

 

LA FEDE COME FATTO ESCLUSIVAMENTE INDIVIDUALE

Ma anche i sedicenti credenti disconoscono sostanzialmente l’autorità della Chiesa (considerata lontana dal 52.3% dei nordestini), e praticano una religiosità sempre più personale e sempre meno comunitaria: nelle scelte in campo morale, ad esempio, a far testo è la coscienza individuale (84,3%), mentre la legge di Dio interpella meno di due terzi degli intervistati, e i pareri delle gerarchie appena un terzo. Non parliamo della confessione, praticamente scomparsa dall’uso anche dei credenti.

L’ADDIO DEI GIOVANI ALLA CHIESA

Se poi guardiamo ai giovani, i risultati sono ancora più eclatanti: nella fascia 18-29 anni la frequenza alla messa tutte le settimane scende infatti al 13.4%, solo il 6.6% si dice cattolico “senza riserve” e il 61%  dà un giudizio negativo sulla Chiesa.

Fin qui i dati, che – sarò anche un nostalgico – non mi entusiasmano: dove si troveranno le risposte alle inevitabili domande sul senso della vita, se viene meno l’apporto della religione, dopo la debacle generale delle ideologie e l’eclissi della cultura come ispiratrice dei comportamenti umani? E dove l’individuo, sempre più solo davanti al proprio destino, troverà la spinta a comportarsi  eticamente, a collaborare coi propri simili e a trasmettere le sue esperienze ai discendenti?

Su questi temi ieri ho interpellato il filosofo Massimo Cacciari, il sociologo Sabino Acquaviva, la scrittrice-teologa-insegnante Mariapia Veladiano e il sacerdote Don Franco De Pieri, presidente del “Centro di Solidarietà Don Lorenzo Milani” di Mestre, che si occupa di recupero dei tossicodipendenti e degli alcolisti.

 

MASSIMO CACCIARI: NON ESISTE PIÙ IL VENETO BIANCO

cacciari.jpg«Questi dati tolgono finalmente di mezzo l’annosa leggenda del Veneto bianco, che già dai tempi dei referendum su divorzio e aborto era passata in giudicato. Questo non mi stupisce; semmai di diverso rispetto al passato – se ci si diverte a fare sondaggi per stabilire cose che il buon senso conosce per conto proprio – è il calo nella stima di cui gode la Chiesa, frutto evidentemente dei noti fatti che hanno colpito la gerarchia, a partire dalla pedofilia. Se dunque la secolarizzazione è un fatto prevedibile e fisiologico, questo calo non lo è, e mi auguro sia rimontabile».

Dove si può ritrovare un senso alla nostra vita, stante la crisi della religione e delle ideologie?

«Solo Celentano può pensare di dare risposte immediate, e demagogiche, a una domanda del genere. Una persona come me non si avventura nell’impresa di rispondere così a caldo ad interrogativi di questa portata».

Diciamo perlomeno se c’è ancora una domanda di senso, nell’uomo di oggi?

«C’è, e c’è sempre stata: solo che un nuovo orizzonte di senso non si costruisce a tavolino, ma può emergere studiando, lavorando, dialogando, e in tanti altri modi imprevedibili».

SABINO ACQUAVIVA: ALLONTANIAMO DA NOI L’IDEA DELLA MORTE

Acquaviva.jpeg«Io scrissi queste cose oltre 50 anni fa nel libro “L’eclissi del sacro nella società industriale”, e ricordo che fui attaccato violentemente, da destra e da sinistra. L’Osservatore Romano si chiese chi fosse “quel giovane sconosciuto che non conosce la storia della Chiesa ma vuole tranciare giudizi”. Ora mi danno tutti ragione. Ecco, io trovo normale, fisiologico, quanto avvenuto nella sfera religiosa con l’imporsi della società pluralista e la personalizzazione della fede: anche nel Nordest, che essendo fra le zone più produttive d’Europa è anche quella che riceve prima i messaggi culturali della modernità. Prima, essendo l’unico animale cosciente della propria fine, l’uomo si costruiva dei sistemi religiosi, ideologici, artistici per spiegare tutto questo, ma oggi – col crescere della consapevolezza – questi meccanismi difensivi sono andati in crisi. Dove trova, dunque, l’uomo di oggi un orizzonte di senso? Diciamo che ne trova poco, in verità, e tende piuttosto a viversi come eterno, allontanando all’infinito l’idea della morte: poi si accorge all’improvviso che non è così, e gli viene il panico; ha visto come stanno aumentando i suicidi in tarda età?»

Mi scusi la domanda personale, professore: ma lei che conosce questi meccanismi, come si pone di fronte alla religione?

«Il mio è un rapporto con un Dio creatore dell’Universo, in cui le uniche certezze sono l’infinito e l’eterno. Il resto, come la Madonna, i Santi, mi interessano meno, e anche la Chiesa dovrebbe concentrarsi di più, come fa l’Islam, sulla figura di Dio padre. Con tutto questo, come ho scritto nel mio libro “Morire, una rivolta ideale”, mi rendo conto che anche la Fede può avere la valenza di una difesa psicologica contro le disgrazie dell’esistenza: non lo nego e non lo rifiuto».

MARIAPIA VELADIANO: ADOLESCENTI LONTANISSIMI DALLA CHIESA

Veladiano.jpg«Fino allo scorso anno ho insegnato agli adolescenti, e anche secondo la mia esperienza per i giovani la Chiesa è effettivamente lontanissima; ma non è strano, considerato che è gestita soprattutto da persone anziane, esclusivamente maschi, tra l’altro, naturalmente timorosi del futuro e propensi a distribuire prediche e richiami di tipo moralistico, cioè tutto ciò che i ragazzi rifiutano. Loro hanno bisogno piuttosto di essere protagonisti, cercano chi li valorizzi come persone che valgono. In questo senso forse sono più spendibili oggi le proposte dei movimenti costruiti attorno alla comunità. E poi c’è la Chiesa nascosta, quella che sta con coerenza, sempre, dalla parte dei poveri, e questa può ancora dire qualcosa ai ragazzi di oggi».

Ma c’è ancora una richiesta di senso nei giovani d’oggi?

«Sono bombardati da tante e tali sollecitazioni, che quando c’è questo bisogno, è una ricchezza rara, che va colta e valorizzata. Ma io cito sempre Bonhoeffer, a questo proposito, che suggeriva di sostituire il concetto di “senso” con quello biblico di “promessa”».

DON FRANCO DE PIERI: NON E’ SOLO LA CHIESA A ESSERE IN CRISI

De Pieri.jpg«Non è il tempo della Chiesa, questo. Ma la crisi parte a monte, dalla famiglia, e ha coinvolto la piazza e la scuola, prima ancora della religione. Certo, gli scandali della pedofilia, della ricchezza e gli scontri interni non aiutano. Io dico sempre che bisogna mantenere la fede in tre cose: la Parola di Dio, la tradizione della Chiesa trasmessa dal Cristo e i segni sacramentali. Io sto un mezzo ai giovani da trent’anni, ma non ho mai fatto fatica come in questo periodo a raggiungere il loro cuore per lasciarvi questo messaggio. È anche una questione di linguaggio, e noi preti siamo troppo vecchi per farci capire da loro. Ma ci sono anche dei preti più giovani che sono più disperati di noi. Aggiungo però anche che se la Chiesa è in crisi, è in crisi tutta la società, per cui i laici farebbero bene a non gioirne».

LA RELIGIONE AL TRAMONTO, ANCHE NEL NORDESTultima modifica: 2012-02-17T13:44:14+01:00da sergiofrigo
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