I LOOK ESTIVI: LIBERTA’ DI “NUDE LOOK”, MA SOLO PER LE DONNE. E I MASCHI “CASTIGATI”

Ragazze2.jpgOrmai non ci facciamo più caso, ma in giro per le nostre città, nelle stazioni ferroviarie, persino negli uffici, si aggirano due razze umane dall’abbigliamento totalmente differente: la prima veste, anche col caldo, pantaloni lunghi o al massimo accorciati sotto il ginocchio, scarpe, magliette con le maniche (anche se magari corte) e in genere col colletto. Talvolta anche la cravatta e la giacca.

La seconda razza indossa, preferibilmente, sandali, ha le gambe generosamente nude, l’ombelico scoperto, e striminzite canottierine, alle volte anche prive della parte posteriore. Coppia.jpg

La prima è la razza maschile, la seconda quella femminile.

 

 

 

Bossi.jpgEsagero? Provate a immaginare un uomo in giro per negozi ed uffici vestito con sandali, calzoncini e canottiera e sappiatemi dire. Pensereste subito che è un muratore o un turista. Oppure Umberto Bossi a colloquio con Berlusconi, ma questo è un altro discorso. Una donna, invece, vestita come noi maschi, passa per una suora laica, o per Rosy Bindi…

Sia chiaro, queste riflessioni sono dettate da invidia e ammirazione per l’altra metà del genere umano, non certo da moralistico sdegno. È un fatto però che in un paio di decenni i passi compiuti dalle donne nella loro lotta di liberazione (da… vesti, sottovesti, reggicalze, più ancora che dalle catene maschili) sono stati enormi, mentre noi maschi siamo ancora lì a gingillarci con giacche e cravatte.

Se mi è permesso un ricordo personale, ancora negli anni ’60 mia nonna plaudiva alla nascita di un nuovo maschio in famiglia perché una femmina sarebbe stata, fin da piccola, complicata da vestire. Ora, magari sottovesti e reggicalze le donne le usano ancora, ma, temo, in contesti piuttosto “diversi” da quelli che aveva presenti mia nonna. E i reggiseni sono ormai sofisticati apparecchi per evidenziare, valorizzare, spingere in avanti e all’insù, quello che un tempo dovevano invece proteggere, coprire e magari comprimere.

In quegli anni ormai lontani a scombinare mode e abitudini, spazzando via senza pietà sottovesti, reggicalze e ipocrisie, fu l’arrivo da Londra di un piccolo indumento, la minigonna, che da allora in avanti avrebbe consentito alle ragazze di scoprire le gambe senza implicare un’eccessiva propensione per gli incontri ravvicinati coi maschi. La sua inventrice, la stilista Mary Quant, è da tempo ospite d’onore di quasi tutte le enciclopedie, oltre che una benemerita dell’immaginario maschile di (quasi) tutte le latitudini.

Nessuno celebra invece adeguatamente le anonime coraggiose che qualche anno dopo, a partire dalle spiagge della Costa Azzurra, si sarebbero prese la libertà di starsene al sole prive della parte alta del costume, senza passare per “scostumate”: decretando nei fatti, almeno sulle spiagge, la parità fra i sessi: a torso nudo lui, a torso nudo lei, senza scandali.

Da allora però la situazione (a noi maschi) è sfuggita di mano. Noi ci toglievamo la cravatta per andare in ufficio? E loro si toglievano il tailleur e restavano a spalle scoperte. Noi eliminavamo la giacca? E loro rimanevano in top, con l’ombelico scoperto. E magari con i sandali, rigorosamente senza calze. Nelle scuole e negli uffici, sia chiaro, non in vacanza o in discoteca, dove ognuno (persino i maschi) si veste come vuole. Qualche temerario si è provato, negli anni passati, a restaurare l’ordine, finendo – giustamente – spernacchiato: all’Ansaldo di Genova nel ’92 la giovane e avvenente Luigina Giliberti fece scoppiare uno scandalo (e conseguente dibattito nella sinistra) denunciando che la volevano licenziare perché sul lavoro scopriva troppo le gambe. Quattro anni dopo, a Parma, fu l’avvocatessa Nicoletta Bertaccini a scatenare un pandemonio dopo essere stata multata per essersi presentata in carcere con abiti troppo succinti: finì con un trionfo (per lei) in Cassazione.

A quel punto i maschi scelsero una strada diversa: provarono a scoprire le spalle e il torace pure loro. Anatema! Ricordate le ironie sulla canottiera di Bossi? Oppure la messa al bando come “tamarro” (antenato del moderno “coatto”) di chiunque osasse esibire qualche ciuffo di pelo e qualche centimetro di pelle sulle spalle e sul petto, ingentilito magari – che so? – da una catenina d’oro o un ciondolo appeso al collo…. Per non parlare del calzoncino corto, consentito si e no nelle spiagge o nell’orto di casa. O si era tacciati di volgare machismo, o di sciatteria plebea.Clooney.jpg

Il risultato, sotto gli occhi di tutti, è questa enorme ingiustizia, questa infame segregazione razziale di cui noi uomini siamo vittime, peraltro felicemente ignare, accecati come siamo dall’ammirazione invidiosa per le nostre compagne e distratti dalle visioni abbaglianti di scollature sempre più profonde, gambe sempre più scoperte, abitini sempre più succinti e trasparenti…

A questo punto mi sorge però spontanea più d’una domanda: chi è che ha deciso questa anacronistica segregazione razziale? Sono loro, le donne, che da un certo punto in poi (dopo il Sessantotto, diciamo) hanno scelto liberamente di addobbarsi così? Oppure lo fanno per venire incontro alle nostre prevedibilissime pulsioni? Sono padrone o schiave? Signore dell’esibizionismo o povere donne-oggetto? Ma soprattutto: perché noi maschi no?

 

 

 

I LOOK ESTIVI: LIBERTA’ DI “NUDE LOOK”, MA SOLO PER LE DONNE. E I MASCHI “CASTIGATI”ultima modifica: 2010-08-22T00:16:00+02:00da sergiofrigo
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