NATALE: CONTRO IL CICALECCIO ISTERICO CHE CI CIRCONDA L’INTENSITÀ DI UNA POESIA DI TUROLDO

Turoldo.jpegFra tanti motivi di scoramento, e ragioni di frustrazione, e spunti di depressione, non fottiamoci anche il Natale! Lo dico anche per voi, eh, stateci attenti! La festa, lo ammetto, è fra le più inflazionate, e non se ne può più di buoni sentimenti in mezzo a tante cattive notizie; e poi i regali, che palle!, e gli auguri, uffa… (a proposito: spariti definitivamente i biglietti, a quanto pare, a meno che io non sia diventato improvvisamente molto… impopolare). Ma rimane, comunque, un’occasione unica per condividere qualche ricordo, qualche emozione, qualche speranza. Non ne abbiamo molti, di momenti per condividere qualcosa. Per questo vale la pena di ripulirli dalle scorie, depurarli dalla melassa, ma conviene tenerseli stretti.

 

Io oggi vorrei condividere un pensiero molto semplice, un desiderio struggente, anzi, suscitato da una canzone che ho sentito domenica a Pontelongo, tappa di un mini tour di concerti natalizi che ci ha portato con il nostro coro “Il bell’humore”  in giro per la provincia di Padova, ad esibirci con corali di altre quattro o cinque zone del Veneto. Cantare insieme è piacevole, riscalda il cuore, consolida le amicizie e aiuta a conoscere gente nuova; anche gente con cui non avresti niente da spartire. Può essere coinvolgente persino eseguire per la centesima volta “Astro del ciel”, mescolando insieme tre cori come a Pontelongo, oppure improvvisare una canzone di Bepi De Marzi come ieri sera nel… terzo tempo, con la corale Sant’Anna di Rosà.

UN DECIDERIO DI INTENSITÀ, SERENITÀ, SILENZIO  

La canzone in questione è una poesia di David Maria Turoldo musicata da Domenico Clapasson, neppure la più bella fra le poesie scritte dal predicatore friulano. Ma ha un titolo e un inizio potente, che da solo mi ha fatto capire cosa manca di più in quest’epoca (e cosa vorrei per il mio prossimo futuro): l’intensità, la serenità, il silenzio.

Forse è il momento storico, forse è l’età, ma l’impressione è che ci sia ben poco di intenso in quello che sperimentiamo ogni giorno, se non, forse, la frustrazione e la paura. Ma per il resto prevalgono frammenti di vite superficiali, sarcasmo disincantato, rumori di fondo che ci distraggono da noi stessi e dagli altri, grida contrapposte, cicaleccio fastidioso ed effimero (contribuisce molto anche la rete) da cui faticano ad emergere parole di verità, elementi di consapevolezza per vivere fino in fondo il nostro tempo, nel bene e nel male.

La poesia si intitola “Mentre il silenzio fasciava la terra”, e descrive bene, con queste poche parole (il resto è soprattutto per chi ci crede) proprio quello di cui personalmente oggi sento più la mancanza. Da notare il ritmo sereno ma rigoroso, e il gioco continuo di rimandi fra silenzio e parola, che proprio grazie al silenzio risuona più alta e pura…

Nei prossimi giorni vorrei cercare e trovare (se mi aiutate meglio) parole così.

 MENTRE IL SILENZIO FASCIAVA LA TERRA

Mentre il silenzio fasciava la terra/
e la notte era a metà del suo corso,/
tu sei disceso, o Verbo di Dio,/
in solitudine e più alto silenzio.

La creazione ti grida in silenzio,/ la profezia da sempre ti annuncia,/
ma il mistero ha ora una voce,/
al tuo vagito il silenzio è più fondo.

E pure noi facciamo silenzio,/
più che parole il silenzio lo canti,/
il cuore ascolti quest’unico Verbo/
che ora parla con voce di uomo.

A te, Gesù, meraviglia del mondo,/ Dio che vivi nel cuore dell’uomo,/
Dio nascosto in carne mortale,/
a te l’amore che canta in silenzio.


David Maria Turoldo

NATALE: CONTRO IL CICALECCIO ISTERICO CHE CI CIRCONDA L’INTENSITÀ DI UNA POESIA DI TUROLDOultima modifica: 2011-12-21T10:50:00+01:00da sergiofrigo
Reposta per primo quest’articolo
Questa voce è stata pubblicata in cultura, Poetica, Religione, società e contrassegnata con , , , , , , , . Contrassegna il permalink.