DOLOMITI, UN IMMAGINARIO “INQUINATO” DA LEGGENDE ALTRUI

Dolomiti, leggende, Secco Wolff, Erica Boschiero, Sangunei, basilisco, mitiLe nostre Dolomiti sono colonizzate da un immaginario che non ci appartiene. Noi tutti ci siamo lasciati affascinare da re e principesse, fate e cavalieri, troll e sirene che nel severo passato delle nostre montagne non sono mai esistiti, mentre ci siamo invece dimenticati dei veri abitanti dell’immaginario dei nostri nonni, i martorelli, i sanguanelli, le anguane.

L’allarme è di uno studioso molto rigoroso e molto popolare, quel Gianni Secco già fondatore dei dismessi Belumat ‘storici’ (2007) ed oggi presidente dell’Associazione Soraimar, una lunga carriera di ricercatore, saggista, poeta e cantautore. Dolomiti, leggende, Secco Wolff, Erica Boschiero, Sangunei, basilisco, mitiA lui si deve la realizzazione di un’opera ambiziosa, dal titolo “MITIinCANTO”, un libro di oltre trecento pagine e quattro CD con 64 nuovissimi brani di cantautori veneti, dedicati alle figure tradizionali e all’immaginario del nostro passato. Tra i ‘cantori’ ci sono molti nomi noti come Gualtiero Bertelli, Erica Boschiero, Rachele Colombo, Leo Miglioranza e l’Autore stesso, tanto per citarne alcuni. L’obiettivo comune è stato gettare un ponte culturale tra passato e futuro utilizzando la musica e la poesia come cemento artistico.

 

LE DOLOMITI NON SONO UN UNICUM CULTURALE

Dolomiti, leggende, Secco Wolff, Erica Boschiero, Sangunei, basilisco, mitiGianni Secco spiega il puntiglio filologico che ispira la ricerca, peraltro aperta alle considerazioni sugli analoghi tipi nazionali ed europei, in ragione di molte “confusioni” che da tempo aleggiano sul patrimonio di miti e leggende delle “Dolomiti” considerate un unicum anche culturale laddove invece presentano tradizioni similari ma evolute in modo differente, trovandosi al limite di due mondi, e non solo linguisticamente, diversi. È noto come, nei momenti di spaesamento culturale sia facile ammirare i modelli vincenti, specialmente quelli che trovano maggiore valorizzazione e fama attraverso pubblicazioni e media.

Secco sottolinea che “le molte testimonianze sulla sostanza della tradizione dolomitica del versante veneto, che dimensionalmente è il maggiore, (peraltro ben testimoniata dagli studi della Nardo Cibele, dal Ronzon e da molti altri studiosi del Novecento) non hanno avuto abbastanza riconoscimento sul territorio, dove le nuove generazioni hanno ormai esaurito i narratori locali “veraci” ma si trovano oggi a disporre di testi che si propongono genericamente di illustrare le Leggende dolomitiche visto il richiamo universale dei mitici monti. Ciònonostante esistano alcune ottime pubblicazioni curate dal Museo etnografico provinciale o direttamente prodotte dalle scuole del posto coi materiali raccolti alla fonte”.

L’AMBIGUO SUCCESSO DI CARLO FELICE WOLFF

Secco indirizza la sua critica, o meglio constata il consenso ottenuto dall’opera del giornalista, scrittore e antropologo austriaco Carlo Felice Wolff, nato in Croazia nel 1879 e morto a Bolzano nel 1966, che scoprì, registrò e pubblicò (spesso stravolgendole alla luce della sua sensibilità e della sua cultura) le leggende delle valli dolomitiche del versante Nord. Proprio dal successo delle sue pubblicazioni hanno preso le mosse altri ricercatori, scrittori, artisti, fino a ricostruire un immaginario che – secondo Secco – ha ben poco da spartire con la realtà dolomitica, specie quella del versante Sud, che tuttavia ne rimane sempre più influenzata. dolomiti,leggende,secco wolff,erica boschiero,sangunei,basilisco,miti

L’ultimo esempio di questa tendenza sarebbe lo spettacolo “I monti pallidi”, tratto proprio dalle leggende di Wolff e presentato il mese scorso a Belluno dalla cantautrice Erica Boschiero con l’attore Sandro Buzzatti, per la regia di Luca Zanetti. «Bello spettacolo, e ottima in particolare la prestazione di Erica – puntualizza Secco – ma il problema sta proprio nello stravolgimento operato da Wolff delle tradizioni cadorine (peraltro rilevata e sottolineata dagli studiosi locali, appena uscita la pubblicazione). La domanda che ci si pone è se è giusto e utile, in nome di una pur pregevole operazione artistica, proporre alle nuove generazioni, tradizioni abbondantemente inquinate e  fuorvianti, offrendo esse valori tipici di altre aree, giacché i “nostri” monti pallidi non le prevedono”. In realtà non piace a Secco l’uso di “nostro” e “vostro” in contrapposizione, giacchè basterebbe rispettare le “diversità” che sono sale e ricchezza comune: sarebbe però opportuno, insiste lo studioso, specificare quando si attinge a tradizioni proprie del territorio, oppure quando si ricorre a un immaginario estraneo o romanzato.  E questo anche perchè ormai “si vedono cose di dubbia sostanza anche in festival e rassegne inerenti promossi magari da enti pubblici la cui intenzione è esattamente opposta».

SOREGHINA E DOLASILLA CONTRO IL BASALISCO E I SANGUANEI

Fra gli esempi di leggende reinventate (non popolari) ci sono quelle di Soreghina e di Dolasilla
, mutuate dalla tradizione nordica e dalla “lezione” dei fratelli Grimm e “rivestite” da una forma letteraria che non è loro propria, e che ne svuota la forza intrinseca e la selvaggeria originaria; mentre rimangono assenti da queste narrazioni i nostri miti ancestrali: l’Uomo Selvaggio, il Basalisco, La Biscia Ladra, Mazaroi, Sanguanei, la Smara e i succhiasangue, che “servivano” ai nostri antenati per giustificare le realtà inspiegabili o per indurre alla prudenza impaurendo. dolomiti,leggende,secco wolff,erica boschiero,sangunei,basilisco,miti«Una ragazza nubile che rimaneva incinta poteva essere “normalizzata” avendo incrociato lo sguardo incantato del basalisco – spiega ad esempio Secco – mentre i succhiasangue convincevano le persone a non uscire la sera, a non andare da soli in luoghi pericolosi e così via. Si tratta di personaggi che troviamo in forme analoghe nelle più diverse culture: come le maschere degli antichi carnevali, che rappresentavano i morti che ritornano fornendo alla Comunità il senso della propria continuità; così pure erano Le Lumiere o le Anguane, spiriti inquieti, o le Fade, fantasmi delle donne morte di parto: tutti personaggi che si lasciavano solo intravvedere, mai in modo preciso rimanendo ed essendo il “mistero”. Le leggende di Wolff sono tuttaltra cosa e d’altronde egli stesso lo dice. Il problema e che noi beviamo di tutto senza apprezzare le differenze. Per questo occorre sollecitare l’attenzione e porre il problema pur sapendo che di lana caprina trattasi.

ERICA BOSCHIERO: “SECCO HA RAGIONE, MA LA MIA E’ UN’OPERAZIONE ARTISTICA, NON FILOLOGICA”

Dolomiti, leggende, Secco Wolff, Erica Boschiero, Sangunei, basilisco, mitiSecco ha naturalmente esposto le sue perplessità a Erica Boschiero, la quale collabora pure all’operazione Mitincanto. «La mia non è un’operazione filologica ma artistica – spiega lei, che presenterà di nuovo lo spettacolo il 6 dicembre a Giavera del Montello – Mi sono limitata a riscoprire e musicare le leggende che i miei genitori mi leggevano durante l’infanzia, appunto quelle di Wolff. Ora mi sono documentata, ed effettivamente ho riscontrato forti elementi di germanizzazione nelle vicende raccontate: nei prossimi spettacoli spiegherò le differenze. Però non si può nemmeno sostenere che Wolff si sia inventato tutto: come ha spiegato la studiosa Ulrike Kindl ci sono dei personaggi rivisitati, semmai, come ad esempio Spina de mul, lo stregone di cui si raccontava che nell’antichità abitasse davvero la zona di Passo Giau, dove c’è anche una sepoltura che lo ricorda».

DOLOMITI, UN IMMAGINARIO “INQUINATO” DA LEGGENDE ALTRUIultima modifica: 2013-11-11T13:07:00+01:00da sergiofrigo
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