FENOMENOLOGIA DI FLAVIO TOSI: LE RAGIONI DELLA “CONVERSIONE”

Tosi, Lega, Verona, Zaia, Bossi, Carroccio, Veneto, segreteria, congressiA segnalare l’evoluzione del “personaggio pubblico” Flavio Tosi è l’impressionante cambio di tono intervenuto negli articoli dei giornali a lui dedicati da un paio d’anni a questa parte. Il punto di svolta ufficiale è stata, probabilmente, la visita a Verona del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, nell’aprile del 2010. Per quell’occasione il sindaco si era persino rimesso la cravatta (“la seconda volta in quarant’anni – esagera lui – la prima era stata per il matrimonio”). Ma va ricordato che fino a pochi mesi prima Tosi si era persino rifiutato di tenere in ufficio la foto ufficiale del Presidente della Repubblica “eletto con una maggioranza scarsa, di matrice comunista”, preferendo al suo posto quella di Pertini.

 

In quei giorni, dopo la passeggiata trionfale sul Liston, naturalmente con fascia tricolore, Tosi fece a Napolitano le sue scuse e disse di lui cose impegnative: “Si è rivelato di altissimo profilo, imparziale, saggio, il Presidente di tutti”.

 

IN ROTTA DI COLLISIONE CON LA LEGA

Tosi, Lega, Verona, Zaia, Bossi, Carroccio, Veneto, segreteria, congressiDa allora è stato un crescendo, che ha visto l’ex duro e puro leghista interpretare con coerenza il ruolo di amministratore imparziale e super partes, anche se questo lo ha portato sempre più spesso in rotta di collisione col suo partito: ne aveva già fatto le spese, proprio in quei giorni, il governatore Zaia, contestato clamorosamente dall’”amico Flavio” proprio sulla sua prima uscita da Presidente della Regione, quando si era detto contrario alla somministrazione nella nostra Regione della pillola abortiva.

Ma già prima c’erano state delle uscite spiazzanti, che hanno finito per costruirgli un profilo da eretico, per il Carroccio, ma da interlocutore credibile per il resto del quadro politico (e mediatico), persino per i suoi avversari. Come quando aveva “sdoganato” i presepi etnici con le statuine di colore (dicembre 2009), prendendosi i rimbrotti proprio degli amici (ex?) tradizionalisti: un sintomo, tra l’altro, del suo progressivo sganciamento da quell’area e dell’avvicinamento all’associazionismo più tradizionale (e potente), come Comunione e Liberazione, e al mondo cattolico veronese ufficiale.

DAI PRESEPI ETNICI ALLA SPONSORIZZAZIONE ALLE MANIFESTAZIONI GAY

Poi c’era stata la polemica con l’assessora regionale Elena Donazzan (già di An) sulla Festa della Liberazione: “Grazie ai vincitori, le forse partigiane, viviamo in una società democratica”, ha ricordato Tosi. E poi la sponsorizzazione al Festival del cinema gay (Cota, ad esempi, l’ha negata). E poi le attestazioni dei vari osservatori nazionali, come la Fondazione Debenedetti (ma anche delle associazioni che si occupano in particolare dei rifugiati) sull’alto grado di accoglienza assicurato da Verona agli immigrati. E ancora l’accoglienza dei rifugiati nordafricani, rifiutata dai colleghi, la solidarietà espressa dal sindaco alla comunità senegalese in occasione dell’attentato del dicembre scorso a Firenze, e infine le recenti dichiarazioni favorevoli al voto degli stranieri comunitari.

Ma dove la sua dissociazione dal partito si è rivelata netta (e foriera di malumori sfociati in richiami pubblici e ufficiali da parte del segretario Giampaolo Gobbo, di Calderoli, di Castelli, e nell’estromissione di Tosi dalla vice presidenza del parlamento padano) è stato sulla sua contrarietà alla secessione e sul suo ribadito sentimento di adesione all’unità nazionale.

Ma che cosa è accaduto a Tosi, per determinare in lui questa vera e propria rivoluzione copernicana?

LA LUNGA MARCIA DALLA RIVOLUZIONE ALLE ISTITUZIONI

I suoi più stretti collaboratori cercano di accreditare una versione “continuista”: Flavio Tosi è quello di sempre, solo che prima era giovane e all’opposizione e, soprattutto, aveva una cattiva stampa (soprattutto extra-veronese), che strumentalizzava le sue uscite col tigrotto e le sue intemperanze contro i nomadi, le sue frequentazioni e le sue dichiarazioni (sulle quali, da un certo punto in avanti, deve aver lavorato molto il suo ufficio stampa)

Soprattutto la Lega veronese in cui lui muoveva i suoi primi passi poco più che ventenne (curiosamente si smentisce solo la sua giovanile simpatia per la sinistra dc) era un partito terremotato dall’espulsione dei Comenciniani, e quindi ridotto ai minimi termini e alla caccia disperata di visibilità sulla scena pubblica: qualche provocazione, qualche “mattana”, dicono gli amici, ci poteva stare: “Ero un po’ cavallo pazzo, allora – dice lui – il ruolo istituzionale mi ha calmato”.

E le uscite contro i pacifisti e gli immigrati, e le amicizie con i tradizionalisti e i fascisti?

“Puro pragmatismo – è la risposta dei suoi – ha tolto patrocinii e sponsorizzazioni a iniziative politicizzate ma di scarso impatto sulla città. Quanto alle amicizie, quando sei all’1% non hai troppe possibilità di andare per il sottile. Ma non è mai stato contro gli immigrati, semmai contro i clandestini e i criminali, e lo testimoniano gli ottimi rapporti che intrattiene con le comunità straniere”.

MA IL PD VERONESE NON SI FIDA

Certo non è tutto oro quello che luccica: il Pd veronese ha ripetutamente denunciato la tendenza (ma più della Lega, che del sindaco) ad attribuire a parenti e amici gli incarichi pubblici, e segnalato la facilità di querela di Tosi, che in meno di cinque anni si è rivolto alla magistratura in oltre 40 casi chiedendo (in genere a spese dell’erario) di essere tutelato dalle critiche degli avversari.

Intanto però Tosi assicura di avere dalla sua anche molti elettori di sinistra (“il 45% dei simpatizzanti di Rifondazione”) e dice ai giornali e nei numerosi talk show a cui viene invitato, specialmente da conduttori di sinistra, frasi di questo tenore: “Il sindaco è sindaco di tutti. Da sindaco devo garantire i diritti di chiunque, soprattutto di chi non la pensa come me”.

LA VERA PORTA IN GIOCO È LA LEADERSHIP DEL CARROCCIO (E DEL VENETO)

Tosi, Lega, Verona, Zaia, Bossi, Carroccio, Veneto, segreteria, congressiL’epilogo di questo processo di affinamento-autonomizzazione (dalla Lega) è nell’inedito braccio di ferro con Bossi, che i suoi amministratori (Zaia compreso) chiamano “il Capo” e a cui reggono il portacenere (Cota) . Tosi ha sempre negato lo scontro, in realtà, attribuendo il conflitto semmai ai suoi nemici interni che affiancano il Senatur: i veronesi Bricolo e Martini, ad esempio, e lo stesso Giampaolo Gobbo, con cui sta incrociando le armi in vista del prossimo congresso regionale. Ieri il segretario ha spiegato che la Lega è contraria alla “Lista Tosi” perchè quello “sarebbe un partito a sè stante”. L’idea però è che la battaglia per impedirgli di fare la lista civica a suo nome serva soprattutto a scongiurare un trionfo che lo porterebbe a furor di popolo sulla poltrona di segretario nazionale (veneto). Perché dopo i rovesci in Lombardia, perdere anche il Veneto significherebbe per Bossi e i suoi un pensionamento anticipato. Senza contare che per lui qualcuno già ipotizza, al prossimo turno, un confronto in Regione con lo stesso Luca Zaia, che gli sfilò nel 2010 (per volere di Bossi) una candidatura a lungo promessa.

(3. fine)

FENOMENOLOGIA DI FLAVIO TOSI: LE RAGIONI DELLA “CONVERSIONE”ultima modifica: 2012-03-15T13:39:00+01:00da sergiofrigo
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