Ad onta dei discorsi correnti (“abbasso i partiti”, “sono tutti uguali” eccetera) credo che in questa fase ci sia bisogno di politica, e di politica di sinistra. E non solo in Italia, come dimostrano le massicce manifestazioni spagnole
MONTI VA SOSTENUTO, MA CONDIZIONATO
Ma deve essere altrettanto chiaro che quello che si è configurato negli ultimi mesi non è un “embrassons-nous” collettivo (e di lunga portata) come vorrebbe Casini, ma il temporaneo armistizio fra aree politico-culturali profondamente diverse e interessi organizzati abitualmente antagonisti, che in quanto tali sono destinati (volenti o nolenti) a tornare a scontrarsi alla fine dell’emergenza (e naturalmente in una situazione radicalmente diversa dal passato). E nell’eclissi provvidenziale della destra mediatico-populista (Berlusconi & Bossi) sono Monti, Fornero & c ad incarnare – con eleganza, moderazione e senso di responsabilità, va riconosciuto – i valori e gli interessi tipici della destra liberal-conservatrice europea.
ALLA SINISTRA OGGI SPETTA IL COMPITO DI VIGILARE SULLA DISTRIBUZIONE… DELLA POVERTÀ
Ma perché serve la politica, e soprattutto la sinistra, allora? Tradizionalmente si dice (ma non in Italia, dove è sempre accaduto il contrario) che i governi di destra accumulano ricchezza, e quelli di sinistra la distribuiscono. Invece in una fase di recessione con globalizzazione come l’attuale, in cui tutti in Occidente siamo destinati ad un progressivo e più o meno consistente impoverimento (persino in Germania i consumi arretrano), la sinistra è chiamata ad assicurare – oltre a uno sviluppo di qualità (sul versante sociale, ambientale, anagrafico) – una redistribuzione equa della… povertà, cioè dei sacrifici necessari per ritornare competitivi sui mercati internazionali.
SOLO SACRIFICI EQUI SOTTRAGGONO I PIÙ INDIFESI ALLA DISPERAZIONE E ALLA RIVOLTA SOCIALE
Un compito dunque estremamente delicato, che richiede chiarezza, determinazione e grande equilibrio, e che deve essere svolto all’interno della maggioranza, contrattando di volta in volta delle misure che tutelino le classi davvero più deboli (che non sono necessariamente i dipendenti col posto fisso, ma anche i giovani senza prospettive, i senza lavoro, i piccoli imprenditori alla disperazione), anche a scapito delle astratte geometrie economiche nelle quali sembrano ogni tanto indulgere i tecnici. Non è questo il momento di fare parti uguali fra disuguali, perché non è lo stesso togliere 1 a chi ha 10 e 1 a chi ha 100. E nemmeno togliere il 10% a entrambi.
Questo è – oggi – il compito storico della sinistra, che solo se riuscirà ad essere compiutamente sinistra e compiutamente di governo potrà assolvere all’altro suo compito complementare: convincere i ceti più indifesi a non sentirsi tagliati fuori dalla partita, a non farsi travolgere dallo sconforto o tentare dalla rivolta sociale, perché se una quota di sacrifici spetta anche a loro, non sono i soli ad accollarseli, perché altri più benestanti (e in primis gli stessi politici) ne stanno facendo altrettanti e più consistenti. Ma per poter sostenere credibilmente queste cose presso gli elettori, bisognerà prima praticarle in prima persona.