PDL E LEGA: DUE LEADER A VITA
Per spiegarmi meglio: è democratico un partito in cui non sia possibile a nessuno concorrere alla leadership perché essa è assegnata a vita al fondatore e leader? Ed è normale che praticamente nessuno si ponga il problema di quali ricadute questa mancanza di democrazia interna ha sul funzionamento generale del sistema politico, soprattutto nel momento (interminabile) in cui queste formazioni detengono il potere? O non è anche questo un segnale di assuefazione a una forma di democrazia insufficiente e imperfetta?
MA QUASI TUTTI I PARTITI SONO COSÌ
IMPOSSIBILE LA CRESCITA DELLE IDEE E DELLE LEADERSHIP
Forse è il momento storico che premia la personalizzazione in tutti i campi, anche in questo, ma a me sembra tanto una scorciatoia di un ceto politico (ma anche di una società nel suo insieme) che non sopporta più la sfida dell’elaborazione del pensiero, il peso dell’organizzazione e della ricerca del consenso, la fatica del confronto fra le diverse posizioni. All’estero non funziona così, infatti negli Usa, in Francia, in Germania i leader sono sulla scena politica da un tempo infinitamente più breve del nostro, e gli stessi presidenti in carica si vedono mettere in discussione la loro leadership all’interno stesso delle proprie formazioni. In Italia invece preferiamo affidarci a un manager, un segretario, un capo, nella speranza che sia la persona giusta per risolvere i problemi senza che noi dobbiamo preoccuparcene in prima persona. E poi ci stupiamo se non c’è ricambio al vertice, se i giovani non trovano spazio, se la società sembra addormentata e incapace di scrollarsi di dosso questa coperta soffocante?