Fa rabbia che tutto questo avvenga per colpa di un centinaio fra stolti irresponsabili e criminali politici, che rimarranno nell’ombra, ma la loro condotta non fa che portare alla luce qualcosa di molto più grave e profondo che covava, evidentemente, nel corpo del partito, e non soli ai vertici, e che la carenza di leadership di Bersani ha portato a sedimentare e poi a manifestarsi: e ovviamente nel momento di maggior tensione la struttura è crollata.
Come hanno capito migliaia di militanti che da venerdì si disperano sui social network e nelle case, scoprendo con orrore di condividere quello che dicono i Gasparri, i Sallusti, le Santanchè, i Cicchitto, il voto dei 101 ha aperto nella politica italiana una voragine dalla quale si può solo scappare, chi a destra chi a sinistra.
E anche la riconferma quasi plebiscitaria di Napolitano è solo un cerotto su un vaso gravemente lesionato, come hanno dimostrato le prese di distanza di Cofferati, Barca, Emiliano e moltissimi militanti.
UN’INTERA AREA POLITICA NON HA PIÙ RAPPRESENTANZA
Dunque il Pd non solo ha perso il diritto (e la capacità) di indicare un proprio nome alla Presidenza della Repubblica che non fosse il vecchio Napolitano, perché chiunque (e prima di tutto Rodotà) sarebbe impallinato da centinaia di “compagni”; quel che è più grave è che il partito – nonostante la validità delle sue idee, la serietà di buona parte dei suoi leader, la passione dei suoi militanti
IL PARTITO DEMOCRATICO DEVE RIFONDARSI
Ma l’interrogativo, ancora più in profondità, è se la forma che il partito si è dato in questi anni (l’unico senza un vertice monocratico) sia adatta ad affrontare questa fase politica, visto che ha portato all’eliminazione di quattro segretari in cinque anni; e se la risposta a questa obiezione – “ma noi siamo pluralisti” – non sia una pietosa bugia per nascondere la realtà di un processo di amalgama fra le diverse anime del partito e di definizione della sua identità che è lontanissimo dall’essersi realizzato.
MA TUTTA LA SINISTRA RIFORMISTA ITALIANA DEVE CHIARIRE COSA VUOL ESSERE
Nelle prossime settimane, comunque vada a finire la partita del Governo, mentre serviranno idee e risorse per fronteggiare il dramma della crisi, il Pd sarà piuttosto impegnato in una infinita seduta di autocoscienza, dalla quale, forse, uscirà con una rifondazione di uomini e di idee. Ma sarà tutto inutile se – a monte – l’intera area della sinistra riformista italiana (aperta, come vediamo in questi giorni, ai richiami più diversi e permeabile a tutte le scorrerie, divisa tra moderazione e massimalismo, tra pragmatismo e indignazione, tra Cancellieri, Bonino, Rodotà) non chiarirà prima di tutto a se stessa che cosa vuole diventare da grande.