Da oggi Berlusconi è collocato correttamente nella posizione che gli compete (da vent’anni, per la verità) sullo scacchiere politico italiano ed europeo – all’estrema destra – e in quella che gli impone l’anagrafe, la panchina
Ma il piccolo capolavoro politico (realizzato, non va dimenticato, con l’accorta regia di Napolitano e il contributo determinante di un Berlusconi in pieno marasma psicologico) è stato anche di ricondurre (democristianamente, appunto) il Pd all’unità, riportando Matteo Renzi all’ovile ma riconoscendogli un ruolo di primo piano nel partito, e dunque aprendo la strada ad un profondo rinnovamento: anche se non entusiasmerà tutti questo nuovo Pd a trazione democristiana. All’ala più decisamente riformista spetterà il ruolo di stimolo all’azione del governo, perché il “bello” viene adesso: l’ambizioso programma ri-delineato da Letta va attuato pienamente, ora ci vogliono risultati concreti e rapidi.
LA PACIFICAZIONE? SOLO DOPO PIAZZALE LORETO (METAFORICO, NATURALMENTE)
Tutto questo non ha nulla a che vedere con la pacificazione. Berlusconi è sconfitto ma non domo, ha 7, o magari 77 vite, e rimarrà avvinghiato alla sua creatura fino all’ultimo, anche se menomato politicamente dalla vicenda odierna, e fisicamente dai prossimi pronunciamenti del Parlamento e dei tribunali. Una vera pacificazione potrà esserci solo quando la sua figura politica sarà ridotta all’irrilevanza: dopo l’8 settembre ci furono il 25 aprile e piazzale Loreto. Ma fra la prima e la seconda scadenza dovettero passare quasi 20, durissimi mesi. Oggi abbiamo la fortuna che la somiglianza sarà solo metaforica.