Ma prima ecco il link del filmato di testimonianze su Giorgio Lago proposto durante la serata al Teatro Accademico di Castelfranco.
CACCIARI: I CAPISALDI DEL LAGO-PENSIERO: FEDERALISMO, EUROPEISMO, LIBERALISMO
“Lago fu tra i primi negli anni ’80 a individuare la crisi di sistema che poi si sarebbe manifestata dopo la caduta del Muro, con le difficoltà della forma partito e il blocco decisionale che affliggeva il nostro paese. Lui pensava che il sistema si riformasse a partire dal federalismo, ma un federalismo colto e non straccione, aperto, responsabile, opposto all’egoismo dei localismi, e quindi naturalmente europeista. Niente a che fare, insomma, con l’antistatalismo reazionario, le patrie inventate e i regionalismi delle piccole patrie, che diventano scimmie del centralismo di Roma. Federalismo, dunque, europeismo e poi un liberalismo di stampo americano, molto umano, niente a che vedere col liberalismo degli anni ’90 che ha provocato l’attuale crisi, un liberalismo che implica che chi ha più ricchezze ha anche più responsabilità”.
“QUELLO IN CUI LAGO SPERAVA È STATO SCONFITTO”
“Ebbene, bisogna avere il coraggio di dire che tutto questo è andato incontro a una pesante sconfitta, sia in Italia che nel resto d’Europa. Il federalismo quando va bene si è risolto in un regionalismo angusto e nella protesta fiscale, ma in genere è stato messo all’angolo dai tanti centralismi che affliggono ogni genere di partito e di sindacato, compresi quelli di categoria. L’Europa, ammettendo nella sostanza il default della Grecia, ha tradito se stessa e i suoi fondamenti, che escludevano che uno dei suoi stati potesse essere lasciato fallire. Infine negli ultimi vent’anni abbiamo avuto uno sviluppo economico che ha ignorato la giustizia, cosicché sono aumentate a dismisura le disuguaglianze, con lo Stato incapace di gestire questa degenerazione”.
“MA LAGO AVREBBE RILANCIATO LE SUE SFIDE”
Ebbene, Giorgio Lago – scomparso sette anni fa – come avrebbe reagito nel suo disincanto a queste sconfitte dei suoi capisaldi?
“Nel suo disincanto – ha proseguito Cacciari – egli aveva già intuito per tempo la fine delle illusioni della seconda repubblica. Cosa direbbe oggi di fronte alla sconfitta delle sfide in cui credeva? A mio parere direbbe che forse il federalismo e l’Europa Unita non sono possibili, ma ciò non toglie che siano necessari. Si verificano dei momenti nella storia in cui ciò che è necessario non è possibile, ma chi non cerca l’impossibile rischia di non avere neppure il possibile. Per cui credo che Giorgio avrebbe rilanciato un patto razionale fra le persone che vedono l’utilità del federalismo, dell’europeismo e del liberalismo, andando a ripescare i suoi interlocutori ovunque essi si trovino, nelle casematte sfasciate dei vecchi partiti. E nell’ottimismo della volontà che lo caratterizzava egli avrebbe pensato che la sfida sarebbe stata ancora possibile”.