Ecco il mio commento sul prossimo numero di Nordesteuropa.it.
L’UNITA’ NAZIONALE E IL LOCALISMO
L’AZZARDO DELL’SVP E DELLA LEGA
Se il federalismo viene interpretato come un mero movimento rivendicativo nei confronti delle altre regioni e della comunità nazionale il rischio futuro è la guerra di tutti contro tutti. Ma come dimostrano le tentazioni secessioniste di Belluno e dei comuni veneti di confine, il pericolo investe anche l’integrità regionale
Di SERGIO FRIGO
C’è un vero e proprio corto circuito storico-politico-culturale dietro le polemiche che stanno accompagnando la preparazione della festa per l’Unità Nazionale. Un corto circuito – segnalato dai distinguo veneto-leghisti e dalla presa di distanza della provincia di Bolzano – che prefigura, temo, lo scenario che si andrà a riproporre sempre più spesso nel futuro, con l’imporsi di un federalismo interpretato sempre più come un movimento rivendicativo nei confronti delle altre regioni e della comunità nazionale, piuttosto che come un comune cammino degli italiani di tutte le regioni verso una maggiore equità ed efficienza nell’utilizzo delle risorse comuni e una miglior valorizzazione delle identità locali.
Si è detto giustamente che la decisione del leader della Svp di non aderire alle celebrazioni nazionali significa venir meno ai doveri di rappresentanza che in quanto presidente della Provincia egli ha nei confronti di tutte le comunità linguistiche che di essa fanno parte, italiani in primis. Ma se nel caso di Bolzano la scelta trova una qualche giustificazione storico-culturale, ancor più incomprensibili – se non nella logica grettamente rivendicazionistica citata all’inizio – sono gli infiniti distinguo con cui la Regione Veneto, per deliberata scelta del suo partito di maggioranza, la Lega, ha voluto segnare la sua svogliata adesione alle
Anche in questo caso è mancata, da parte del massimo organismo di rappresentanza della Regione, sia la manifestazione di una piena adesione alla comunità nazionale che la consapevolezza di dover esprimere istituzionalmente i sentimenti di quei due terzi di cittadini veneti che non coltivano tentazioni secessioniste.
A cosa sta già portando tutto questo è presto detto: all’isolamento delle comunità locali, allo scontro di tutti contro tutti e alla frantumazione di quel poco che resta di sentimento nazionale, proprio nel momento in cui la crisi economica richiederebbe la maggiore coesione possibile, e non solo la salvaguardia dei propri ristretti interessi. La decisione di Durnwalder ha provocato una mezza sollevazione dei turisti che d’inverno invadono le valli alto-atesine, con una valanga di messaggi di protesta ai giornali e di minacce di disdetta. Ma il Veneto ha già toccato con mano il proprio isolamento dal resto del Paese in occasione della recente alluvione.
Ma le tensioni autonomiste animate da un localismo oltranzista scavano anche all’interno del territorio regionale; a gennaio, nell’indifferenza generale, la giunta provinciale di Belluno si è pronunciata a favore del referendum per la secessione dal Veneto e l’annessione al Trentino Alto Adige. Il governatore Zaia è arrivato a dire che se fosse bellunese voterebbe sì anche lui, rimuovendo allegramente secoli di storia e cultura, salvo poi rispolverare il mantra del federalismo, che risolverà magicamente tutti i problemi. In realtà dietro lo slogan “paroni a casa nostra” si comincia a intravedere l’incapacità di fondo di tenere insieme un puzzle costituito da comunità separate e da gruppi di interessi contrapposti che fanno sempre più fatica – di fronte all’afasia della politica e alla sua incapacità di volare alto – a integrarsi dentro una cornice comune e condivisa e a riconoscersi in un sistema di valori, di simboli e di ideali, che accomuni tutti i veneti e li faccia sentire un unicum.