Dal libro emergono la devozione per Cuccia, il feroce scontro con De Benedetti, i maneggi degli azionisti intorno al Corriere, le guerre dentro la famiglia Agnelli, le battaglie sulle e per le banche, la disistima di Bettino Craxi per Berlusconi e per lo stesso Montezemolo, considerati entrambi dal leader socialista dei bugiardi. E molto altro…
AGNELLI E ROMITI, QUANDO SI SACRIFICANO AL POTERE FIGLI E MOGLI
La cosa più significativa, di cui nessun recensore si è accorto, è il silenzio assoluto su Marchionne, da cui peraltro in passato Romiti ha preso a varie riprese le distanze.
Ma c’è invece un altro aspetto che ha colpito me, ed è quello personale, che rivela molte cose della sostanza umana di questi personaggi che hanno avuto a lungo in mano il paese e di cui a volte si parla con ammirazione e rimpianto. Prendiamo il suicidio di Edoardo Agnelli,
In un altro punto Madron interroga Romiti sui suoi molti amori, vissuti pubblicamente nonostante egli fosse regolarmente sposato, con una donna che ha sempre vissuto nell’ombra. Romiti ammette tranquillamente; e sua moglie? chiede il giornalista. “Malgrado fossi consapevole di comportarmi in modo tale da arrecarle dolore, lei era il mio punto di riferimento. Sapevo che qualunque cosa io avessi fatto, lei sarebbe rimasta e questo per me era motivo di grande forza”. Naturalmente spiega poi che lei era l’unica di cui si fidava, che non l’avrebbe mai abbandonata, che la sua morte è stato il più grande dolore della sua vita eccetera eccetera.
Che dire? Ricordate quel detto secondo cui dietro ogni grande uomo c’è una grande donna? Sarà. Di sicuro DIETRO c’è una donna sottomessa, e DAVANTI – spesso – una squinzia di trent’anni più giovane…
DE BORTOLI: “ANCHE LORO SONO CORRESPONSABILI DEI NOSTRI GUAI ODIERNI”
Vale anche la pena, per comprendere a fondo il senso di quegli anni e pesare adeguatamente i meriti e le responsabilità di quella generazione di imprenditori, manager e politici che arrivarono al vertice del potere negli anni ’60 e ‘70 (e che oggi vengono spesso mitizzati), riportare ciò che scrive nella prefazione Ferruccio De Bortoli, direttore del Corriere e già vicino a Romiti, non certo un rivoluzionario: “Romiti sbaglia, nella ricostruzione di quegli anni, quando non attribuisce alla comunità d’affari, di cui lui faceva parte, la responsabilità della grave degenerazione nel rapporto fra grande impresa e politica. La prima preferì venire a patti con i partiti, chiedendo più protezioni e aiuti che regole, più concessioni che mercato. Favorì, anziché contrastare, l’espansione della spesa pubblica e del debito. Non fu complice, ma nemmeno avversaria… Molti dei problemi attuali del nostro Paese sono eredità delle scelte non fatte in quegli anni”.