TANTI NEMICI A SINISTRA E FRA I CATTOLICI PROGRESSISTI…
Ma è nei primi anni da sindaco che Tosi ha messo ben in chiaro i contorni della sua azione politica, facendo capire fin da subito chi erano i suoi nemici e i suoi amici: fra i primi ci sono di sicuro i centri sociali, che ha fatto sgomberare di brutto dai luoghi occupati; ma anche con il variegato mondo dei pacifisti veronesi (il volontariato pro-immigrazione, i cattolici democratici e persino i missionari, che di Verona avevano fatto la loro capitale morale) il sindaco è andato subito in rotta di collisione: non a caso lui ribadiva ad ogni dichiarazione dei redditi che il suo 8% lo destina ai luterani, invece che alla Chiesa cattolica. La sua amministrazione ad esempio ha fatto subito ritirare l’adesione del Comune alla marcia della pace Perugia-Assisi; ha vietato l’utilizzo di Piazza Bra e della Gran Guardia alla Carovana missionaria di pace, poi condizionando l’autorizzazione al fatto che non venisse esposta la bandiera arcobaleno; ha attaccato il centro accoglienza Caritas (“E’ falsa solidarietà, strumentale a ottenere nuovi adepti, nuovi schiavi, nuovi consensi”); ha tolto il patrocinio al Congresso nazionale del Movimento nonviolento, riunito a Verona con i saluti del presidente del Senato e della Camera, ma non quelli suoi e della Giunta; ha sospeso l’esperienza del “Municipio dei popoli” (che promuoveva progetti di cooperazione) e il premio in memoria dell’obiettore e cooperante Enzo Melegari. A questo è seguita l’abolizione della Consulta degli Immigrati, la riduzione dei fondi per i mediatori culturali, il taglio ai contributi per il Festival del cinema africano.
… E TANTI AMICI A DESTRA E FRA I CATTOLICI TRADIZIONALISTI
Gli unici cattolici con i quali il sindaco sembrava andare d’accordo, ai suoi inizi, erano quelli iper-tradizionalisti, integralisti e anticonciliari: come il Sacrum Imperium di Maurizio Ruggiero, che girava nei locali della Lega in Comune come fosse a casa propria, e da cui Tosi ha poi dovuto prendere le distanze, viste le sue imbarazzanti prese di posizione contro gli ebrei e il segretario di Stato del Vaticano Tarcisio Bertone; come il gruppo Padania Cristiana (presidente Mario Borghezio), il cui portavoce Andrea Lomastro, famoso per aver impiccato nel 1996 allo stadio Bentegodi il famigerato manichino di colore, fu da Tosi stesso ha arruolato nella Lega; come i gruppi Famiglia e civiltà, il Comitato Principe Eugenio, il Comitato per le Pasque veronesi, i Gruppi famiglie cattoliche, tutti attivissimi nel denunciare le infiltrazioni massoniche, ecumeniche, persino… islamiche nella Chiesa veronese, e nell’attaccare i prelati troppo accondiscendenti. Il loro referente è invece il lefevriano Don Floriano Abrahamowicz, spesso celebrante delle cerimonie leghiste ma anche alle messe per i reduci di Salò, poi scaricato dalla sua stessa congregazione per le dichiarazioni riduzioniste sull’olocausto, e da cui Tosi ha dovuto prendere vigorosamente le distanze, dopo che è apparsa una sua foto del 2006 assieme al sacerdote, mentre recitava un rosario riparatore contro il Gay Pride.
VERONA CITTÀ ETICA
Nel suo porsi come il punto di coagulo fra la destra più radicale e il tradizionalismo cattolico, in una santa alleanza fra ordine, autorità, identità e spiritualismo, con le suggestioni da “città etica” , si inseriscono bene le norme severe (e popolarissime, va detto, anche a sinistra) introdotte dall’amministrazione Tosi contro i clienti delle prostitute, e soprattutto l’ordinanza contro l’esercizio del meretricio nei condomini. E il quadro si completa con le ordinanze che puniscono gli inquilini rumorosi e molesti, impediscono di sdraiarsi sulle panchine, vietano l’accattonaggio, proibiscono il consumo di panini vicino ai monumenti e di bevande fuori dai bar, e l’uso di bombolette di schiuma a Carnevale: una sorta di “tolleranza zero” in salsa veronese che fa concorrenza alle misure del mitico sindaco di New York degli anni ’90 Rudolph Giuliani, ma che risponde anche a un sentire diffuso fra i cittadini, sempre più intolleranti verso il disordine e spaventati da ogni tipo di trasgressione.
Una visione della città da cui qualcuno fra i più giovani e sprovveduti può anche ricavare la convinzione che sia accettabile gridare slogan violenti contro gli stranieri e i diversi, e giusto e coerente anche passare allo scontro fisico con gli “avversari”, o addirittura promuovere azioni di forza per ripulire la città dai suoi “nemici”. E può capitare anche che qualcuno dei più “imbecilli”, come li ha definiti Tosi con “understatement”, finisca per lasciare per terra, ucciso, un ragazzo qualsiasi, come Nicola Tommasoli, solo perché porta il codino o ti rifiuta una sigaretta, o arrivi a picchiare brutalmente una ragazza, come Francesca Ambrosi, che evidentemente non corrispondeva ai loro canoni estetici.
Il sindaco, a onor del vero, ha chiesto alla magistratura condanne esemplari, ma resta il fatto che un certo sentimento di appartenenza alla comunità cittadina che esclude qualsiasi apertura al diverso, per colore della pelle, modo di pensare, modo di vestire, ha finito per contagiare una parte significativa della società veronese.
Ecco, come da tutto questo sia infine emersa una figura popolarissima di sindaco “moderato, istituzionale, per certi versi persino progressista”, come ho scritto all’inizio, sarebbe un “caso da manuale” negli studi sulla comunicazione politica; oppure – fate voi – nella maturazione di un dirigente leghista nel confronto con la pragmatica arte del governare e del conquistare il consenso.
(2.continua)