Detto questo segnalo le considerazioni di Colaprico sul confronto impari a cui si sottopose il centro-sinistra nella Lombardia berlusconiana, per domandarmi: cosa è lecito fare per battere un avversario dotato di mezzi così straordinariamente debordanti rispetto ai nostri? E che fare se – palesemente – le idee e l’impegno non bastano a conquistare il consenso? Vendersi l’anima o mantenerla pura, condannandosi al minoritarismo?
Forse persuperare il dilemma bisognerebbe ritornare alla bella lezione delle amministrative di maggio: in quel risultato – che ora si rischia di vanificare – qualche risposta ci deve pur essere.
LA VIRTU’ PERDUTA DEL CORAGGIO
di NADIA URBINATI
(…) I problemi della debolezza della leadership politica italiana si estendono oltre la maggioranza. La gravissima vicenda giudiziaria che vede coinvolto Filippo Penati è un macigno che pesa enormemente sull´autorità e l´efficacia politica del più grande partito di opposizione. Indipendentemente dai risvolti giudiziari, questa vicenda è di una gravità enorme e mette a nudo la debolezza politica del Pd. La vicenda dell´ex-presidente della Provincia di Milano mostra la persistenza di un modello di partito e di politica che apparteneva a un tempo nel quale i partiti erano i soli depositari del giudizio politico. Un tempo nel quale la fedeltà al partito era la prima e più fondamentale risorsa, il fine o il bene che giustificava l´uso di ogni mezzo e metodo. Su un campo di battaglia picchettato dalla logica della Guerra fredda le “mani sporche in politica” erano quasi una forma di eroismo: per parafrasare Machiavelli, i politici erano disposti a perdere l´anima pur di fare il bene del partito. Quando Penati chiede al suo partito di essere “garantista” con lui che è stato un leale sostenitore e non ha agito per arricchire se stesso, dimostra di ragionare secondo quella vecchia etica partitica. La “questione morale” è dunque una questione di “mores”, di valori e principi politici dai quali derivano norme di comportamento. Nell´Italia di oggi non c´è più posto per questo modello di partito né quindi per una visione del bene del partito che giustifichi mezzi obliqui e irrispettosi della legge. In questo senso la vicenda di Penati mette in luce una debolezza non ancora risolta della leadership della sinistra. La crisi della leadership politica nazionale è ovviamente complessa. Sarebbe a dir poco assurdo rubricare nello stesso capitolo maggioranza e opposizione. Il detto “tutti sono uguali” è una evasione della ragione, una scappatoia oziosa di chi non vuole ammettere la specificità del berlusconismo: un fenomeno di malgoverno, affarismo e negazione dell´interesse generale che è sistematico e sistemico. Non un caso di corruzione né il segno di una lealtà politica partitica, ma un modo di essere e fare politica che è scientemente fondato sulla violazione della legge o la sua riscrittura per renderla meglio disposta a permettere la distruzione del bene pubblico e la soddisfazione di beni privati, interessi di gruppi e di territori. Il berlusconismo è una forma di politica antinazionale, contro ciò che è nell´interesse della nazione. Questa politica dà il segno dell´inadeguatezza della leadership di governo in questo momento di emergenza nazionale. La cosa preoccupante è che in questo momento di emergenza l´opposizione sembra aver smarrito la forza, il coraggio e la credibilità necessari per rovesciare questo corso rovinoso. Le elezioni di maggio e i referendum di giugno sono stati con troppa facilità messi in archivio, forse perché non si è compreso il loro significato, cioè la carica di disobbedienza al modello berlusconiano, un´indicazione preziosa di come ridare alla politica dignità e rigore, condizione essenziale per ricostruire una nuova leadership. La vicenda Penati rivela questa incomprensione; è il segno che la politica dell´opposizione è ancora intrappolata nella vecchia logica della politica partitica. Chiudere subito e con coraggio con quel modello di partito e di politica può agevolare l´emergere di una leadership che sappia cogliere appieno il messaggio che i cittadini hanno lanciato in maggio e giugno, che non dissipi un patrimonio etico e politico che a fatica, e con una ammirevole tenacia, gli italiani hanno saputo difendere in questi anni di egemonia berlusconiana. |