IL RICORDO DELL’AMICO MARIO CERVI
«A un certo punto la rottura fra i due fu logica e inevitabile – ricostruisce ora Mario Cervi, vice di Montanelli, che ne fu testimone diretto – Berlusconi aveva messo Montanelli di fronte a un dilemma che lui, col suo carisma e la sua statura culturale e morale, non poteva accettare: se avesse appoggiato l’avventura politica del Cavaliere avrebbe fatto la figura del servo; se non l’avesse fatto sarebbe apparso un ingrato. Ecco perché Indro scelse dolorosamente di andarsene». Ed ecco il perché del suo rancore verso il Cavaliere, anche se c’era dell’altro nell’ostilità del grande giornalista verso l’avventura politica del nostro, e cioè il timore per quello che stava diventando la destra italiana (la “destra del manganello”, la chiamava), come spiegò anche a me quando andai a intervistarlo in occasione del suo novantesimo compleanno. Egli pensava, come avrebbe scritto sul Corriere, che “Nulla è più incompatibile con l’Italia di Destra – tutta cifre, fatti, sobrietà e rigore – di quella fasullamente apollinea, supervitaminizzata, candeggiata, cotonata e tutta “en rose” che il cavaliere Berlusconi ci ammannisce, in vista dei soliti “immancabili destini”, nelle sue flautate omelie in technicolior. E nulla è più lontano dal linguaggio dallo stile della Destra di quelli da taverna di Bossi con i suoi ‘celodurismi’ “.
LA DESTRA CON IL MANGANELLO E BERLUSCONI
Sul suo ex editore però Indro ammetteva di non averci mai pigliato: come nel 1996, quando profetizzò che il Cavaliere si sarebbe stancato presto della politica, oppure quando azzardò che sarebbe bastato agli italiani vederlo all’opera a capo di un governo per capire di che pasta era fatto e sbarazzarsene rapidamente: invece sono passati 17 anni…
«Ci libereremo di Berlusconi come del vaiolo, con il vaccino. E l’unico vaccino è che provi a governare… Parliamoci chiaro, la maggioranza degli italiani quest’uomo lo vuole e non da oggi, dal giorno della discesa in campo (…) Berlusconi andrà al potere e gli italiani capiranno finalmente. Ma costerà loro seguirlo nell’avventura».
“SONO INNAMORATO DI UNA POCO DI BUONO, L’ITALIA”
Sul degrado a cui stava andando incontro l’Italia invece Indro Montanelli aveva visto giusto. «Amava questo paese, ma non ci riponeva alcuna fiducia – ricorda ancora Mario Cervi – Si considerava come l’innamorato di una poco di buono, che non riesce a mollare anche se ne conosce la pessima fama. Per questo ciò che sta avvenendo ora non lo avrebbe sorpreso: l’avrebbe visto come la conferma di quello che pensava dell’Italia. Ricordo che la post-fazione dell’ultimo libro che abbiamo scritto insieme era piuttosto desolata: “Io non mi riconosco in questo Paese – diceva infatti – e questo Paese non mi riconosce”».
Ecco invece il suo ultimo articolo sul Giornale, da lui fondato.