E questo è un altro punto della vicenda: se in Francia e a livello internazionale gli amici di Battisti (in primis Fred Vargas) sono riusciti a montare in suo favore una potente campagna internazionale che probabilmente ha avuto il suo peso nella decisione di Lula, cos’hanno fatto i nostri intellettuali per controbattere? Molto, molto poco. Qualcuno, anzi, si è pronunciato decisamente in suo favore, a partire da Massimo Carlotto,
il_caso_battisti_torna_a_dividere_intellettuali250510.html
A me sembra che a monte si sia un aggrovigliatissimo nodo irrisolto nel rapporto fra l’intellighentia nostrana e le istituzioni di questo paese: non c’è ancora stata, in questi ambienti, a partire dagli anni di piombo, la presa d’atto che il nostro è un paese democratico, che tutela il dissenso ma persegue chi lo pratica con la violenza; e da questa critica implicita fa derivare un’altrettanto implicita presa di distanza dal paese tutto. Anzi, dopo l’arrivo al potere di Berlusconi questo atteggiamento di fondo si è anche rafforzato: e lo strapotere mediatico ed economico del premier e la sua amicizia con i peggiori autocrati sulla scena mondiale (tra Putin, Lukashenko e Gheddaffi & c. gli manca solo il coreano Kim Jong) d’altronde non aiuta a sciogliere questo nodo. Per cui non escludo che qualcuno oggi, sotto sotto, stia brindando per l’ennesima brutta figura di Berlusconi sulla scena mondiale: senza avvedersi (quanto sono miopi a volte gli intellettuali!) che la brutta figura la stiamo facendo tutti noi.