Finora il carisma, per la gente di sinistra, era la serietà, l’affidabilità, la competenza, ora vogliamo la capacità affabulatoria, la narrazione avvincente. Ma io accanto alla narrazione, da un politico voglio le tabelle coi conti. Finora da Vendola, che pure mi piace, questo non l’ho visto. Forse che Prodi era un grande comunicatore? Eppure se tornasse gli faremmo i ponti d’oro, o sbaglio?
Ammettiamolo, ormai siamo succubi anche noi della spettacolarizzazione: la televisione costruisce le personalità carismatiche, trasforma in un mito persino uno scricciolo insignificante come Lady Gaga e poi lo impone agli altri media e infine alle masse. Vale in piccolo persino coi protagonisti del Grande Fratello.
Ma le televisioni – soprattutto in Italia – sono di un personaggio che ha tutto l’interesse a delegittimare i leader avversari, con l’indifferenza, la calunnia e l’irrisione: l’ha fatto con Prodi, con Veltroni e tutti gli altri. Se non riusciamo a capire questo, e a concepire modalità di selezione diverse, saremo sempre schiacciati, perché in questo campo Berlusconi è imbattibile (anche se ieri sera al Tg3 Carlo Freccero sosteneva che il successo di Fazio, Santoro, Gabanelli dimostra che sta vincendo la televisione del reale: chissà?)
Convinciamoci, comunque: il “nodo” non è quello della cravatta di Bersani, ma quello dell’identità del Pd, ma non è solo un problema di leadership ma di contenuti e di prospettive, coinvolge in pieno la base, quanto è stata o non è stata capace di investire in questa impresa, superando vizi, pigrizie, errori storici per imboccare una vera strada riformista.
Invece ci teniamo stretti i nostri difetti ma pretendiamo che dal nulla emerga un leader che riesca miracolosamente a fare sintesi di tutto…