LA REPRESSIONE DEI DISSIDENTI E LA MITIZZAZIONE DELLA RETE
La vicenda di Adele Gambaro è esemplare, ma non è la sola: “Giornali e avversari dicono che sono un dittatore che non accetta le critiche e che nel Movimento non c’è democrazia? Ebbene, giusto per dar loro ragione faccio cacciare la prima che osa farmi una critica”. Poi, tanto per confermare i peggiori sospetti sull’uso strumentale della Rete, affida la sanzione al voto di questo totem indiscutibile, di cui lui solo (via Casaleggio) gestisce gli accessi: scommettiamo che il voto on line gli darà ragione ed espellerà la reproba? Si accettano scommesse sulle percentuali, ma soprattutto sul numero dei votanti, dopo la prova ridicola offerta dalle quirinarie. Ma basteranno 28mila votanti (o 20mila, come alle parlamentarie) per rappresentare democraticamente gli 8 milioni di elettori del Movimento alle elezioni politiche? Sbaglia chi sostiene che le modalità di funzionamento del M5s assomigliano a quelle – staliniste – che vigono nella Corea del Nord?
LA PRETESA DI CONTROLLARE I MEDIA
Un altro capitolo recente è la critica ai media che hanno il grave torto di invitare l’espulso Favia a parlare del Movimento: anche qui il “Piccolo leader” non fa che confermare la sua aspirazione a lasciar parlare di lui solo… se stesso o i suoi fedelissimi. Ora, i media possono avere tutti i difetti, ma non esiste nessuno (a rigore nemmeno la proprietà) che possa legittimamente e “democraticamente” imporre loro chi invitare e a dire cosa. Naturale però che ogni dittatorello abbia cercato prima o poi, nella sua carriera, di farlo; e peccato che anche Grillo non sembri immune dalla tentazione.