Ricapitolando: l’attentatore, Luigi Preiti, perde la moglie e il lavoro, ma pensa bene di cercare la soluzione ai suoi problemi giocandosi anche la camicia al video poker. Dopodiché, ormai in rovina, comincia a incolpare di tutto i politici – ma guarda un po’ – , incanalando contro di loro la sua rabbia e la sua frustrazione. E invece di chiedere aiuto a parenti e amici (troppo umiliante, evidentemente) finalmente domenica decide di sfogare il suo risentimento omicida contro un qualsiasi rappresentante della casta; questi però (tanto per cambiare) tardano all’appuntamento col destino (erano al Quirinale, non a palazzo Chigi), e allora Preiti, siccome aveva già la pistola con sé e il vestito buono addosso,
SCARICARE LE RESPONSABILITÀ SUGLI ALTRI E SCEGLIERE SOLUZIONI-SCORCIATOIA
Doveva riservare l’ultima pallottola a se stesso, ma nella foga le spara tutte, e così la sua giornata eroica finisce con la testa schiacciata grottescamente sull’asfalto, e con una scia di tragedie ben maggiori di quelle con cui era iniziata: per lui, per i suoi famigliari e soprattutto per Giangrande e la giovane figlia. I “colpevoli” di tutto questo, ammesso che ce ne siano, non sono stati neppure scalfiti dal suo gesto di ribellione.
Capisco che con la pancia vuota e l’angoscia che preme sul cuore sia difficile fare ragionamenti razionali. Osservo però che il gesto individuale di Preiti è una perfetta metafora del comportamento collettivo degli italiani: rifiutare di assumersi le responsabilità delle proprie scelte, scaricare sugli altri le colpe dei propri fallimenti, e di fronte ai problemi scegliere le scorciatoie e le soluzioni individuali, senza pensare alle conseguenze dei propri atti. Credo che sia anche per questi motivi che siamo ridotti come siamo.