Ebbene, non per fare il guastafeste, ma non mi è piaciuto per niente quello che ho sentito del suo discorso di stasera a Milano: capisco l’entusiasmo, ma mi è sembrato voler mettere il cappello sulla vittoria, marchiare subito l’appartenenza di Pisapia, cedendo quindi a un riflesso automatico della vecchia politica, che contraddice quanto di nuovo ha espresso quella candidatura e il modello di confronto incarnato dal nuovo sindaco. Non credo che neppure a Pisapia abbia fatto tanto piacere, considerata la sua insistenza nel voler essere “solo” il sindaco di Milano (“di tutta Milano”) e nel tenersi lontano dalla politica nazionale.
I temi sollevati con veemenza da Vendola, poi (moschea, nomadi, immigrati), sono quelli più delicati, sui quali è opportuno lasciar fare a Pisapia, che ha mostrato saggezza e realismo, senza cedere alla tentazione di “fargliela vedere alla Lega”: anche perché le paure dei ceti più deboli sono reali, ancorchè strumentalizzate dal Carroccio, e non si superano con roboanti proclami di principio, ma con l’ascolto quotidiano della gente e una bella dose di pragmatismo. Lo stesso pragmatismo che Vendola mostra di avere nel suo lavoro di governatore della Puglia, senza bisogno che qualcuno da Roma o da Milano vada a Bari a dirgli cosa deve fare.