Venerdì e sabato, due giorni di incontri importanti, di impegno e divertimento, e soprattutto di belle parole e ottime idee, per tornare a rendersi conto che c’è molto, molto altro, rispetto alla melma che ci circonda, che siamo un grande e bel paese, provvisoriamente preso in ostaggio dalla prepotenza e dal cattivo gusto di chi ci comanda e dal complice conformismo di chi lo ha scelto e poi si è messo a disposizione. Due giorni per capire che la misura è colma, persino nel mondo dei potenti, anche se che il coraggio della rabbia fatica a vincere lo scoraggiamento e lo schifo.
LA SCUOLA DEI LIBRAI: SEPULVEDA, BATTISTI E LA SINISTRA
Gli ho chiesto anche come mai la crescente disuguaglianza sociale segnalata anche in questi giorni al vertice di Davos spinge l’Europa a destra, mentre in Sud America favorisce la sinistra.
«I livelli di povertà sono ancora molto inferiori in Europa rispetto a quei paesi – ha risposto – Inoltre qui c’è la tendenza a privatizzare tutti gli spazi pubblici, e i governanti prima di assumere decisioni interpellano il mercato. In Sud America, accanto a una sinistra pericolosa, più attenta alla poesia che alla realtà, come quella di Chavez, abbiamo visto all’opera il pragmatismo di Lula, che ha davvero avviato a soluzione i problemi della povertà. La sinistra vince quando mette in campo un progetto e si confronta con la realtà». Appunto…
IL PREMIO NONINO: IL PATRIOTTISMO E LO SCORAMENTO DEI POTENTI
Un giorno dopo e 150 chilometri più a est, distilleria dei Nonino, dove si tiene la 36. Edizione dell’omonimo premio. Grandissimi nomi (lo scrittore spagnolo Javier Marias, la saggista e ambientalista americana Frances Moore Lappé, l’architetto Renzo Piano e l’etologo austriaco Irenäus Eibl-Eibesfeldt), premiati da giurati ancora più grandi: il Nobel V. S. Naipaul, Edgar Morin, Peter Brook, Claudio Magris, Ermanno Olmi, Adonis, Norman Manea, Adonis eccetera. Ma soprattutto 700 invitati – ricchi, potenti e/o intelligenti – che possono irritare chi li sente esaltare (da lontano) la povertà e il sudore dei campi, ma che costituiscono un importante spaccato dell’Italia che conta, e che riescono davvero a distillare – come gli alambicchi la grappa – le idee dalle quali non possiamo prescindere.
L’impressione che ne ho tratto è che il clima dominante sia lo scoramento, la frustrazione, l’angoscia pacata di chi sa che le cose intorno possono precipitare, ma è cosciente di avere comunque le risorse per continuare a galleggiare. Forse per questo esita ancora – colpevolmente – a pronunciare pubblicamente le parole dure che confida in privato, ad esplicitare il suo desiderio di una ventata d’aria fresca che spazzi via il marciume della politica mescolata – con livelli mai visti – al sesso e agli interessi privati.
IL TRICOLORE, LA COMMOZIONE E GLI APPLAUSI
Poi basta la voce sottile di un bambino che – aprendo la festa – canta “E la bandie-e-e-ra, dei tre colo-o-o-ri è sempre stata la più bella”, e poi cinque cori che intonano il “Va pensiero”, per far scattare la commozione e la “sautade” (che è parola più precisa della nostra nostalgia), per qualcosa di prezioso che potremmo avere già perduto, ma anche per quello che – come paese – avremmo potuto ma non abbiamo avuto il coraggio di essere.
«Vogliamo un’Italia così, in cui stiamo tutti insieme», ha commentato la padrona di casa, Giannola Nonino, presente anche se infortunata.
Nessuna retorica, però, anche perché ci ha pensato il resto della festa a spazzare via gli eventuali autocompiacimenti in eccesso: come quando
Olmi si è invece detto compiaciuto delle lacrime che aveva visto scorrere su qualche volto all’esecuzione degli inni: «É il modo con cui mostriamo il meglio di noi. Se l’Italia si commuove possiamo ancora sperare».
E’ TEMPO CHE ANCHE I POTENTI DICANO “BASTA!”, OPPURE STIANO ZITTI PER SEMPRE
Ecco, vorremmo che queste parole, e soprattutto gli applausi dei potenti a questi concetti (erano presenti fra gli altri Colaninno, Capello, Marzotto, Zonin, Romiti, Lella Costa e molti politici e imprenditori friulani), si trasformassero nella “rivoluzione del coraggio” auspicata da Frances Moore Lappé, in gesti e azioni concrete per dire Basta!, come hanno fatto ieri pomeriggio i manifestanti a Milano. È ora, adesso, di esprimersi pubblicamente, se si vorrà aver il diritto di parlare domani.
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