La filosofia del ministro degli Esteri Ahmet Davutoglu, che gli Usa ritengono vicino ai fondamentalisti e particolarmente influente su Erdogan, viene letta da Scarante in questo modo: “Dopo aver affidato a lungo i suoi interessi agli Usa, e averne registrato i fallimenti in Medio Oriente, la Turchia ha deciso di giocare le sue carte in prima persona, muovendosi fra i diversi schieramenti, tra mondo islamico e Occidente, a seconda della propria convenienza. Anche rispetto all’Europa l’atteggiamento è cambiato: se prima nel paese c’era oltre l’80% di favorevoli all’adesione, ora sono scesi al 68%, ma solo il 28% pensa che davvero il processo andrà in porto. E con il Pil che è tornato a crescere dell’8%, a fronte della nostra crisi persistente, non sono neppure più particolarmente interessati”.
Ma ci tornerò diffusamente nei prossimi giorni: come spesso è accaduto in passato, anche in questo momento dalle decisioni della Turchia sembrano discendere molti, importanti sviluppi della storia dell’Europa, e del nostro paese in particolare.