Attendo spaventato, come tutti, gli sviluppi dell’ondata migratoria da sud e da est che si intensificherà con l’arrivo della bella stagione. A spaventarmi, più ancora dell’impatto di grandi masse di derelitti bisognosi di tutto e del tutto inconsapevoli delle complicazioni del contesto in cui cercheranno di entrare, sono le reazioni che tutto questo comporterà; potremmo essere preparatissimi dal punto di vista logistico (e non lo siamo) ma siamo totalmente disarmati psicologicamente, culturalmente, politicamente. Intimamente incerti – soprattutto il ceto medio riflessivo a cui ritengo di appartenere – se sia peggio fare paura o averne.
DAI POLITICI SOLO BALBETTII O DEMAGOGIA
Dai politici – esclusa la contestatissima Merkel – ci arrivano balbettii che non spiegano cosa sta succedendo, non tranquillizzano i cittadini né disegnano una credibile e accettabile prospettiva futura, oppure i barriti dei demagoghi che invece di cercare soluzioni compatibili con la nostra umanità aizzano gli animi per i loro fini politici: tocca persino sentire il governatore del Veneto suggerire il ritiro del Nobel per la Pace all’Europa, senza chiedersi quanto il suo partito, i suoi compagni di strada e lui stesso in prima persona stiano contribuendo all’imbarbarimento della situazione rifiutando pervicacemente ogni contributo costruttivo alla gestione dell’emergenza profughi. Dagli intellettuali, e persino dai tecnici, arrivano invece mere spiegazioni del fenomeno, ma non uno straccio di proposta concreta per affrontarlo dignitosamente.
IL DILEMMA FRA ACCOGLIENZA E PAURA
La domande che mi assillano, naturalmente, sono le seguenti: cosa accadrà se alle migliaia di migranti provenienti dall’Africa si aggiungeranno nelle prossime settimane altre migliaia di profughi soprattutto siriani provenienti dall’Albania? E se contestualmente verranno sigillate, come annunciato, tutte le uscite al Nord, per l’Austria e la Francia, e dagli altri paesi della Ue non ci sarà alcuna disponibilità a ricevere quote di migranti? Come reagiranno gli italiani? Quanto reggerà il tessuto sociale e psicologico? Fino a quando prevarrà l’umanità, che considera doveroso accogliere almeno chi è in pericolo di vita, sulla paura che consiglia al contrario di impedire gli accessi, girando la testa, ovviamente, sulle tragedie, passate e future, di questi diseredati, o fingendo di credere che siano tutti, bambini compresi, dei pericolosi terroristi?
COME SI FANNO I RESPINGIMENTI VIA MARE?
La situazione italiana è più complicata delle altre per un motivo semplice ma ineludibile: da noi arrivano per mare; e se davanti a chi cerca di entrare in un paese via terra si possono erigere barriere, e sparare lacrimogeni e magari usare manganelli e proiettili di gomma, senza che questo significhi uccidere, respingere un gommone stracarico di esseri umani significa condannarli a morte certa: è questo che vogliamo? Oppure accettiamo tutti coloro che cercano di venire, e con quali conseguenze?
Vorrei che i sondaggisti, che già registrano il disagio crescente (vedi rilevazione Demos sul Gazzettino di martedì scorso) ponessero ai loro intervistati queste domande; al tempo stesso avrei molta paura delle risposte.