SIENA, LA SUA BANCA E IL PD: QUANDO LA POLITICA E’ IMPOTENTE

siena,monte dei paschi,pd,comunità localiMi sembra che il caso del Monte dei Paschi di Siena sia una chiara dimostrazione – più che di colpa – di impotenza della politica. Senza entrare nel merito della vicenda, mi pare evidente che il Pd a livello nazionale è chiamato in causa non per quello che ha fatto, ma per quello che non è riuscito a fare.

Certo, a livello locale molti dei suoi uomini sono stati coinvolti direttamente nella gestione della banca, traendone lucrosi vantaggi, soprattutto (e speriamo solo) in termini politici: e se ci sono stati altri interessi, spero che la magistratura li faccia emergere e li sanzioni come meritano. Ma credo anche che i vertici nazionali del partito siano stati in buona sostanza testimoni distratti o impotenti di quanto avveniva a Siena. Chi aveva il potere di intervenire qualche volta ha cercato di farlo (il ministro Visco, ad esempio) ma le più volte ne è stato dissuaso da un complesso mix di fattori che si frappone quasi sempre, in Italia, fra le cattive consuetudini e le buone intenzioni.

 

QUANDO AD ESSERE COMPLICE E’ UN’INTERA COMUNITA’

Intervenire con la mannaia – il che, stando a tutti gli osservatori attuali, sarebbe stato doveroso fare a suo tempo – avrebbe comportato dei costi che difficilmente una forza politica si sente di sostenere: perché avrebbe significato incidere su una rete di protezioni e di relazioni che i dirigenti locali del partito avevano con il nazionale, ma soprattutto andare in rotta di collisione con pezzi estremamente consistenti del proprio elettorato, e consegnare Siena e chissà quanta altra parte della Toscana agli avversari politici, che pure lucravano sul Mps pur senza esserne parte maggioritaria.

Perché questa cosa va detta di Siena e di molte altre comunità locali italiane: che quel mix di corporativismo e di interessi diffusi, più o meno opachi, di solidarietà e di complicità, è parte integrante, anzi l’humus stesso dell’appartenenza territoriale.

Immaginatevi solo cosa sarebbe successo se qualcuno – negli anni d’oro – avesse provato a mettere il naso negli affari della “loro” banca, a sindacare su queste o quelle scelte, su queste o quei contributi, sparsi generosamente ad associazioni sportive e gruppi culturali, ad enti assistenziali e operatori sociali: una rivoluzione, conoscendo un po’ i senesi: come cercare di strappare la bistecca ad un gatto affamato. E, ne sono convinto, buona parte dell’opinione pubblica (Grillo in testa) sarebbe stata dalla parte della comunità che difendeva le proprie prerogative con le unghie e con i denti.

SIENA, METAFORA DELL’ITALIA

Lo stesso meccanismo lo si è visto all’opera, negli anni scorsi, anche a proposito del Parco delle Cinque Terre, che funzionava in maniera analoga alla banca senese: operazioni al limite della legge (per assicurarsi dei finanziamenti pubblici), che però procuravano benessere a tutti, e magari un po’ più di ricchezza (ma non troppa) a qualcuno. E un consenso diffuso (e bi-partisan) per chi assicurava il funzionamento della macchina. Ma si tratta anche dello stesso atteggiamento che finora ha evitato (a nord come a sud, a est come a ovest) una condanna troppo decisa a chi non rilascia la fattura dopo un lavoro.

Da questo punto di vista si può affermare dunque che Siena con la sua banca è una perfetta metafora dell’Italia.

SIENA, LA SUA BANCA E IL PD: QUANDO LA POLITICA E’ IMPOTENTEultima modifica: 2013-01-26T03:10:00+01:00da sergiofrigo
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