Qui siamo dalle parti di “Cuore”. Potete sorridere, se avete il cuore duro, oppure commuovervi, pensando all’attualità…
“LA MIA STRENNA”
“Il babbo è triste: non cantar bambina”,
dicea la mamma con pietoso affetto.
“Vedi che è là soletto
con gli occhi rossi e con la fronte china!”
“Triste? e perché, povero babbo! Ha male?”
chiese la bimba con sommesso accento;
“Digli che sia contento:
E’ così bello il giorno di Natale!”
“E’ la festa dei bimbi, o mia fanciulla! –
la madre sospirò. – Questo l’accora:
E’ povero, t’adora.
Bimba…….quest’anno non ti compra nulla!”
Muta a que’ detti peritosi e mesti,
ella ristette; rimirò suo padre
premendo le leggiadre
labbra ed ansando nelle scarse vesti.
Poi d’un balzo volò nelle sue braccia
e gli s’avvinse al collo. Egli comprese,
ruppe in lacrime accese
e celò nei suoi riccioli la faccia.
Allor l’angelo biondo alzò la testa
e fissandogli il guardo umido in viso,
col suo più bel sorriso:
“Grazie – gli disse – la mia strenna è questa”.
Edmondo De Amicis
I versi ironici che seguono sono invece della scrittrice americana Phyllis McGinley, che vince il Pulitzer nel 1960.
“NATALE DI CITTÀ”
Questo é il tempo in cui il gran cuore cittadino
batte più ardente, scacciando ogni cordoglio.
Il tacchino vien servito a prezzo fisso e à la carte.
L’ascensore indossa una ghirlanda di agrifoglio.
Babbo Natale mendicante in un vestito di flanella
contraddice a ogni semaforo il suo intento,
chiedendo doni. Abbiamo un albero con palle colorate
sul tavolo all’ingresso dell’appartamento.
C’é una promessa – o una minaccia – di neve
che i giornali discuton tutti presi.
Ci stringiamo nei colletti. E intanto ventimila portinai
si fanno a ogni or che passa più cortesi.
Phyllis McGinley