DAL 2003 A OGGI: COME CI CAMBIANO QUESTE TORRIDE ESTATI

siccità,jpg.jpegAnche nove anni fa di questi tempi – ricordate, era la torrida estate del 2003 – eravamo qui a parlare di caldo e siccità. C’era questa vischiosa e opprimente calura che non ti lasciava mai, ti inseguiva sotto i portici, in mezzo agli alberi, giorno e notte, angosciante nel suo non avere mai fine.

In quei giorni ho cercato refrigerio in qualche poesia, e ho scritto il pezzo che allego. Sperando che si di buon auspicio…

Poi, finalmente, la pioggia è tornata, ed è accaduto – anche quell’anno – in val di Vizze, sopra Vipiteno, dov’ero andato con alcuni amici a fare un’escursione in montagna. Ricordo ancora la gioia pura che ho provato quando prima delle grosse gocce, poi una specie di cascata, pioggia.jpg si sono riversate sulle nostre teste e le nostre spalle, inzuppandoci rapidamente  fino al midollo, dissetando il bosco esausto, e cacciando la calura.

E finalmente fu autunno.

VIAGGIO NEL NOSTRO INEDITO TROPICO QUOTIDIANO

 Tropicalizzazione, si sente dire sempre più spesso. «Un po’ d’Africa in giardino…», come cantava Paolo Conte, un po’ d’Africa attorno alle nostre vite, alle nostre abitudini, alle nostre preoccupazioni. Ma se la pioggia non arriva? E se i ghiacciai spariscono davvero, di qui a pochi anni? E se arrivano black-out e razionamento idrico?

Prima l’estate era bella perché durava poco. Solo nella breve stagione dell’infanzia, essa sembrava trascinarsi all’infinito. «I pra’ no basta a tegner tut el sol», scriveva il poeta di San Stino di Livenza Romano Pascutto, e «El papavero precotà dal sol/ no l’ha pi’ voia de vento./ El gera ‘na bandiera rossa/ e l’è deventà ‘na strazza»… «Ciel de carta veina, stee de oro, / gri (grilli) sconti ancora sensa vose».
Ma è un momento, perché «Zà i brusa le foie a muci/ e i rami se spoia…» e «Po’ te riva un frac de tempesta. / Par un fià de fredo de pi’, ‘na s-cianta de sol de manco, te sinte drento de paca el peso/ che l’ha el giazz de tuta la vita».
 
LA FUGACE ESTATE DEI POETI SCALZATA DA UNA NUOVA STAGIONE CALDA, TENACE E SPIETATA
 
El giazz, il ghiaccio. Al poeta non si addice la lunga estate abbacinata e sospesa, ma piuttosto la verde primavera delle promesse, o addirittura il triste autunno che ne sancisce il fallimento, ma poi si adagia nel protettivo manto nevoso dell’inverno. Ma questo era anche il nostro orizzonte antropologico e psichico. Fino a ieri. Oggi no.
Siccità.jpegOggi esci di casa, e per il cinquantesimo, sessantesimo giorno ti avvolge una calura che riesce a soffocare il respiro, ad attutire il rumore della città, a smorzare i colori. E se non finisse più? ti chiedi; se fossimo solo all’inizio? E se dopo venissero davvero solo uragani e tempeste? E se alla nostra generazione fosse davvero toccato in sorte – dopo la caduta del Muro e l’11 settembre – un passaggio meteorologico epocale?
 
TUTTO QUESTO MODIFICA I NOSTRI RIFERIMENTI PSICOLOGICI E CULTURALI
 
Domande che svelano un’inquietudine diffusa, come tutto ciò che ci cambia intorno troppo repentinamente. Stiamo perdendo i ghiacciai nell’arco brevissimo di una generazione: e cosa sostituirà, nel nostro immaginario, le nevi perenni? Cosa prenderà il posto, nelle nostre recondite fantasie, dell’immutabile consapevolezza della persistenza, lassù in alto e lontano, di una montagna profonda, inaccessibile, arcana, ora che le vette si svelano, nude e indifese?
Le nostre città – che a causa della crisi economica non accennano ad andare in vacanza – ora sono popolate da zombi che riducono al minimo gli spostamenti, abbassano la manopola delle iniziative e dei pensieri, girano con le schiene umide, una bottiglietta d’acqua in mano, un giornale a mo’ di ventaglio. E appena possibile si chiudono nelle case e negli uffici ghiacciati dall’aria condizionata. La bella estate, la stagione del sole, della siesta all’ombra, delle cene all’aperto, in compagnia, è diventata una lunga auto-segregazione. Non è solo che fa più caldo e più a lungo; queste settimane di calura e siccità è come se avessero spinto improvvisamente le nostre regioni a sud della Sicilia, sull’altra sponda del Mediterraneo: dove le strade sono polverose, le montagne brulle e bruciate e il deserto contende i suoi spazi a prati arsi e ingialliti.
 
“SCONTRO DI CIVILTA'” SULL’ARIA CONDIZIONATA
E i nostri territori, un tempo temperati, si trasformano nell’arena di un inedito scontro di civiltà: la gelida civiltà del condizionatore contro la spossata civiltà della calura. E temiamo di sapere anche come andrà a finire, di qui a qualche anno: l’elettricità per stare al gelo riservata a coloro (i più) che se la potranno permettere, sfidando i rincari e i black-out; e gli altri fuori, a cercare di scacciare con una ventola, un giornale, un ventaglio, l’afa invincibile della natura e gli sbuffi di calore dei ricchi. E tutto intorno un’inaspettata guerra dell’acqua: fra l’agricoltura e l’industria, fra i laghi e i fiumi, fra la montagna e la collina, fra l’una e l’altra vallata; per disputarsi, con l’acqua, il diritto a sopravvivere, a conservarsi le commesse, i prati verdi, i turisti. Forse domani pioverà. Ma oggi intanto, sicuramente, la nostra vita ha già iniziato a cambiare.
DAL 2003 A OGGI: COME CI CAMBIANO QUESTE TORRIDE ESTATIultima modifica: 2012-08-07T02:30:00+02:00da sergiofrigo
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