Ma si può fare politica conservandosi
le mani pulite? Io sono convinto di si, ma non c’è dubbio che il potere, più che logorare, corrompa; e il caso Lusi e il caso Brentan – indipendentemente dalle responsabilità precise che saranno individuate dalla magistratura – dimostrano che persino i boy scout e gli ex operai comunisti possono essere tentati dalle sue seduzioni e risucchiati nel gorgo del malaffare.
Ci sono però tre aspetti più generali, fatti emergere da queste vicende, che denunciano una patologia a monte, che tale sarebbe rimasta (magari sottotraccia) anche se i due politici in questione non si fossero intascati i soldi dei rimborsi elettorali o non avessero preso tangenti.
I “TESORETTI” DEI PARTITI E I SOLDI NON SPESI
Il primo aspetto riguarda i finanziamenti pubblici della politica: il fatto che ogni partito abbia da parte un tesoretto più o meno consistente che finisce in Tanzania, oppure in mani rapaci, invece che essere indirizzato ai fini che sarebbero propri, dimostra (interpreto Giorgio Roverato) che da tempo immemorabile le forze politiche e i loro legali rappresentanti spendono meno di quello che dicono; e a differenza di tutti gli altri settori della vita pubblica, per loro – nonostante un referendum abrogativo – i contributi continuano ad arrivare (anche dopo la sparizione “ufficiale” delle sigle).
MARGHERITA – DS, MATRIMONIO SENZA AMORE
Ma veniamo proprio alle sigle politiche, che sono l’altro corno del problema: lo si sospettava, ma ora se ne ha la certezza, che Margherita e Ds hanno fatto un matrimonio d’interesse più che d’amore, e che invece di fondersi in un unicuum, come era lecito aspettarsi, hanno scelto la separazione dei beni, ma anche… dei cuori. Ora, come si può pretendere che a credere nella scommessa del Partito Democratico siano i cittadini, i simpatizzanti, i militanti (e gli avversari), se i primi a non crederci e a tenere separate le rispettive sostanze sono proprio i massimi dirigenti del partito?
AUTOSTRADA: 23 CHILOMETRI, 15 AMMINISTRATORI
E veniamo all’ultima patologia, quella che riguarda la questione autostradale: è mai possibile che – al netto della vicenda Brentan – ci siamo per un’autostrada lunga 23 chilometri come la Venezia-Padova (e aggiungiamoci pure 9 di tangenziale) qualcosa come 15 consiglieri di amministrazione: UNO OGNI DUE CHILOMETRI, con appannaggi complessivi di oltre 300 mila euro all’anno? Non è anche questa, a suo modo, una ruberia, a cui nessuno ha trovato il modo, negli anni, di porre rimedio?
Si parla tanto, giustamente, di ridurre i compensi e i vitalizi ai parlamentari (a proposito, 15 leghisti guidano la pattuglia dei 26 valorosi che hanno fatto ricorso per tenersi stretto il malloppo), ma gli sprechi non sono solo in Parlamento.
Una risposta a I CASI LUSI E BRENTAN E I RISVOLTI POLITICI DELLE RUBERIE