LA CRISI, LA FINANZA E NOI, CAPITALISTI DELLA… PEGGIOR SPECIE

capitalismo, finanza, economia, individualismo, socialità, crisi, Draghi, Prodi, decrescita, LatoucheIl dilagare della crisi e lo strapotere delle agenzie di rating stanno guadagnando inaspettati consensi alla lotta anticapitalista, in Europa e persino in America; al di là e oltre le proteste degli indignati si registrano poi prese di distanza dal modello economico egemone – o almeno dalle sue degenerazioni iper-finanziarie – da parte di personaggi insospettabili: come Soros, Stiglitz, o addirittura Mario Draghi, che prima ha dato in qualche modo ragione alle proteste degli indignati (in occasione della manifestazione romana di ottobre) e poi – ieri – ha detto che dobbiamo imparare a vivere senza le agenzie di rating. Ieri sera all’Infedele uno dei discorsi di fondo verteva proprio sulla ricerca sempre più diffusa della possibilità di vivere, produrre, consumare in maniera “diversa”, un’aspirazione segnalata anche dal voto di giugno ai referendum. E prendono sempre più piede i ragionamenti di Latouche sulla decrescita controllata…

 

 

IL CAPITALISMO È IN CRISI MA VIVE DENTRO DI NOI

Stante il mio personale “sistema di valori” ovviamente tutto questo non può che farmi piacere, ma negli anni ho sviluppato anche una sostanziale prudenza, e un certo disincanto rispetto a queste inaspettate e repentine “conversioni” di massa. E dunque da un bel po’ di tempo (e con un certo dispetto: avete presente l’omino di Altan che dice “spesso mi sorprendo a pensare cose su cui non sono d’accordo”?) mi pongo la domanda se in fondo non sia proprio il capitalismo, più che altri modelli economici, a rispondere ancora ad alcune istanze di fondo dell’uomo del ventunesimo secolo (istanze che io aborro, sia chiaro); e vado anche oltre, orrore! Non è che la finanza, in tutto questo, è solo lo strumento per potenziare la risposta a queste istanze, uno strumento necessario, che però in questi anni ci ha semplicemente preso la mano? In fondo nella partita fra individualismo e socialità, che sono i due poli tra i quali si dislocano le vite delle persone (e di conseguenza anche le impostazioni di fondo delle società), negli ultimi decenni è largamente prevalso l’individualismo, che è il primo motore del capitalismo (sono disposto a portare decine di esempi di ciò).

I MIEI DUBBI SUL RITORNO DELLA SOCIALITÀ

In questo quadro che posto occupa il ritorno alla socialità (e la stessa critica al capitalismo) citato all’inizio? Uno spazio ancora molto dubbio, a mio parere, come testimoniano proprio alcuni movimenti economico-sociali che apparentemente dimostrerebbero il contrario. Faccio due esempi, per farmi capire meglio: le liberalizzazioni sono l’essenza del capitalismo, ma commercianti, taxisti, benzinai, farmacisti, notai eccetera che vi si oppongono cosa dicono, in realtà? Loro sostengono che a rimetterci con queste riforme saranno la qualità del servizio, la collettività, l’umanità intera… La verità è che a rimetterci sarebbero soltanto loro, perché dovranno far pagare meno il servizio che prestano ai cittadini, oppure condividere con altri soggetti una parte delle loro entrate. Con questo non voglio dire che non abbiano ragione a mobilitarsi, o che le liberalizzazioni vadano bene tout court, ma che la motivazione di fondo sia dei favorevoli che dei contrari è in fondo la stessa: la paura di rimetterci economicamente, di guadagnare meno, cioè di non poter più soddisfare, accanto ai bisogni primari, tutta una serie di bisogni indotti , ma non per questo meno reali. Tutte cose legittime, sia chiaro, ma nulla che abbia a che vedere con la socialità o la condivisione, o altre finalità collettive o “sociali”…

DA CONSUMATORI CERCHIAMO SEMPRE IL VANTAGGIO INDIVIDUALE

Altro esempio: quando acquistiamo un prodotto, al di là delle sue eventuali valenze ecologiche o politically correct che sono il “must” del momento, non cerchiamo banalmente di conciliare la funzionalità o l’estetica dell’oggetto con il prezzo più basso, cioè con la possibilità di acquistare, con la stessa quantità di lavoro prestato, altri oggetti o altri servizi che ci rendono più gradevole la vita? C’è forse qualcosa di socialista in tutto questo? E quando dobbiamo scegliere tra un congelatore italiano e uno coreano che costa meno e in più si sbrina da solo, ci facciamo scrupolo di optare per quello straniero, nel nome della solidarietà con i lavoratori italiani? E se provate a ragionare su quali sono le componenti del prezzo dei due prodotti, scoprirete che quello italiano costa di più perché – tra le altre cose – è anche il lavoro italiano che costa di più, e col lavoro a costare caro è anche tutto il sistema della sicurezza sul lavoro o del welfare che gravano sul prezzo finale del frigorifero. Ma nel momento stesso in cui abbiamo optato per il frigorifero coreano, abbiamo dato un calcio a tutto questo, cioè a un secolo di lotte per conquistare questi diritti sacrosanti. Insomma, ci siamo comportati, individualmente, da perfetti capitalisti.

LA GRANDE FINANZA È SOLO IL POTENZIAMENTO DI TUTTO QUESTO

Ecco, io credo che alla fin fine anche il mercato finanziario con le sue degenerazioni sia in fondo in fondo l’espressione di questa impostazione economica che ispira le nostre vite, laddove ci mette a disposizione dei prodotti-investimenti il cui scopo non è rendere migliore il mondo, ma potenziare – attraverso rendimenti il più possibile elevati – la nostra individuale capacità di spesa. Insomma, per tirare le somme di questa semplicistica cavalcata tra economia e finanza, capitalismo e socialismo, individualismo e socialità, possiamo dire che un po’ la crisi attuale ce la siamo cercata e costruita pazientemente noi stessi?

Felice se qualcuno mi smentisce.

LA CRISI, LA FINANZA E NOI, CAPITALISTI DELLA… PEGGIOR SPECIEultima modifica: 2012-01-17T11:05:19+01:00da sergiofrigo
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