IL CASO GALIMBERTI E IL PLAGIO INTELLETTUALE: QUANDO A COMPORTARSI MALE È UN AMICO

Galimberti.jpgSono amico del filosofo Umberto Galimberti. Lo dico perché è stato lui stesso, un paio di anni fa, a definire in questo modo la nostra frequentazione, peraltro abbastanza saltuaria, gratificandomi non poco. L’ho invitato una volta ad un incontro pubblico ad Asiago, memorabile, l’ho presentato ad una serata a Padova, l’ho intervistato più volte per il mio giornale, ho condiviso con lui qualche cena, alcune piacevolissime e altre angoscianti a causa della sua devastante capacità di analisi unita ad un pessimismo cosmico, ma sempre intellettualmente molto stimolanti e umanamente calorosissime.

IL RICHIAMO DI CA’ FOSCARI…

Potete immaginare con quanta pena sto seguendo le sue recenti disavventure editoriali, culminate con un formale richiamo dell’Università di Ca’ Foscari, dove insegna, per aver copiato, senza citarli, alcuni brani di altri studiosi, inserendoli nei propri libri come fossero farina del suo sacco.


…E UN LIBRO SUI SUOI DISCUTIBILI METODI

Da qualche settimana circola anche un libro, dal titolo “Umberto Galimberti e la mistificazione intellettuale” (Ed Il Coniglio), il cui autore, Francesco Bucci, ha ricostruito numerosi casi di “plagio” e soprattutto di “auto-plagio” del filosofo-psicoanalista, sostenendo che tutti i suoi libri (salvo ovviamente il primo) “contengono, in misura diversa, una molteplicità di brani, anche molto lunghi (talvolta perfino interi capitoli), già contenuti in suoi precedenti libri, senza che i lettori ne siano resi edotti. I brani, infatti, non sono virgolettati e di essi non sono indicate le provenienze: sono spacciati così, di fatto, come testi originali. I brani sono spesso estrapolati e interpolati più volte: lo stesso brano transita cioè più volte da un libro all’altro nel corso del tempo. Il fenomeno coinvolge non solo i libri, ma anche buona parte degli articoli (scritti su «Il Sole 24 Ore», prima, e su «La Repubblica», poi) e delle risposte fornite ai lettori nella rubrica tenuta settimanalmente su «Repubblica delle donne», nonché i numerosi saggi introduttivi scritti da U.G. per opere altrui”. Si arriva al paradosso che lo stesso brano viene utilizzato pari pari per illustrare il pensiero di autori diversi, per dire Heidegger e Jung.

Quando è venuta a galla la vicenda, qualche mese fa, l’ho chiamato per parlarne, ma mi ha risposto brevemente di aver querelato Bucci e che la cosa verrà definita in tribunale, aggiungendo che “comunque riproporre brani dei propri libri non è un plagio”. Risposta che non mi ha convinto, ovviamente.

 

COSA C’È NELL’OSCURITÀ DELLA MENTE UMANA

L’animo delle persone è, ovviamente, un abisso spesso inesplorabile. Galimberti2.jpgTanto più nelle persone eccezionali, nel bene e nel male. Sono portato a pensare che il filosofo, che ha studiato con il cardinal Ravasi ed è stato allievo, mi pare molto stimato, di Emanuele Severino, abbia commesso per anni queste e altre leggerezze come forma di rivalsa e risarcimento da una giovinezza estremamente dura e difficile, e come una sfida verso il mondo intellettuale e i suoi stessi, fedelissimi, lettori, quasi a testare del primo l’inconsistenza, e dei secondi la fedeltà. E ultimamente la pratica era diventata così sfacciata che l’antipaticissimo Bucci sospetta (e io, mio malgrado, condivido) che Galimberti in realtà volesse farsi scoprire, per poi pagare la sua colpa. 

 

CONFESSO: L’HO FATTO ANCH’IO, MA…

 Ora confesserò io qualcosa: anni fa ho fatto lo stesso, ho riproposto pari pari, per noia e per pigrizia, una cosa che avevo scritto qualche tempo prima e che mi era sembrata particolarmente riuscita. Ma avevo sette anni, ed erano dei pensierini su come avevo passato le mie vacanze. Venni immediatamente scoperto dalla maestra, che mi dette un brutto voto, e mandò a casa una nota di demerito: ce l’ho ancora davanti agli occhi, scritta in rosso, con la parola VERGOGNA in stampatello più quattro punti esclamativi: uno choc!

Forse se qualcuno avesse scoperto per tempo il vizietto di Galimberti, e gli avesse metaforicamente mandato una nota a casa, anch’egli si sarebbe fermato in tempo, e tutto questo non sarebbe accaduto. Il mondo editoriale e intellettuale italiano invece, che per anni non si è accorto di nulla, non ci fa una bella figura, anche se essendo oltre che filosofo anche psicoanalista l’amico Umberto ci sarebbe dovuto arrivare da solo a comprendere che queste cose non si fanno, soprattutto se si gestiscono – nella pratica clinica, sui libri, sui giornali, soprattutto con dei giovani studenti – oggetti delicati come le pulsioni, le emozioni, i valori, i sistemi di pensiero, l’etica, la coerenza…

Io posso dire che credo sia stato per espiare quel mio antico peccato che ho fatto il giornalista, quasi a comunicare alla maestra che avevo capito, e che da allora in poi non solo non avrei più copiato, ma avrei scritto tutti i santi giorni della mia vita. E come vedete ho ampliato la gamma, aggiungendo al giornale e a qualche libro anche un blog quotidiano…

 

MA C’È CHI COPIA E VIENE PROMOSSO

 

Ma c’è un ultimo aspetto che vorrei toccare a proposito del “caso Galimberti” e soprattutto del funzionamento del sistema politico-culturale italiano. Il filosofo, dunque, è un maître à penser della sinistra italiana, e scoprirlo che copia come uno scolaretto negligente fa lo stesso effetto, nel mondo culturale, della scoperta che un Penati, un Tedesco o chi per essi, prendevano bustarelle: un senso di amarezza, frustrazione, rabbia, disgusto. Ma ricordo che c’è un parlamentare di centro-destra che ha notoriamente copiato la sua tesi di laurea, e se ne sta tranquillo in Parlamento, mentre qualche anno fa un altro intellettuale ancora più noto, della Sgarbitv.JPGstessa sponda politica, Vittorio Sgarbi, venne beccato per aver clonato parola per parola, attribuendosene la paternità, il saggio di una studiosa oscura ma certamente più diligente di lui su Botticelli: ebbene, in quegli stessi giorni il critico venne scelto come super-consulente dal ministro della cultura Sandro Bondi, che poi lo volle curatore della rappresentanza italiana alla Biennale e Soprintendente a Venezia. E del “plagio d’autore” nessuno più si ricorda. Evidentemente anche nelle vicende culturali a destra sono più di bocca buona

A me personalmente invece rimane il cruccio, e l’interrogativo su cosa farne di un amico che si comporta in maniera così clamorosamente e pervicacemente sbagliata. 

IL CASO GALIMBERTI E IL PLAGIO INTELLETTUALE: QUANDO A COMPORTARSI MALE È UN AMICOultima modifica: 2011-07-28T10:44:48+02:00da sergiofrigo
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20 risposte a IL CASO GALIMBERTI E IL PLAGIO INTELLETTUALE: QUANDO A COMPORTARSI MALE È UN AMICO

  1. Personalmente, credo che il pensiero umano abbia dei limiti: personali, dati dall’impossibilità di esperire la totalità del Mondo, quindi di portarlo al mondo delle Idee per intero; sociali, di consorzio umano, che sono quelli che l’Uomo è ciò che è, e per tanto si agisca per conoscerlo, il nuovo è nient’altro che la conferma (scientifica) del già intuito nella prassi. Davanti a quello che sembrerebbe un limite, si può dar atto a due atteggiamenti: si riconosce questo limite con tutta franchezza e onestà, quindi ci si ferma al proprio “pensato”; oppure, assecondando un sentimento di frustrazione, che non ci vuole vedere vinti dal nostro stesso limite, lo si valica appropriandosi del pensiero di altri per incarnarlo (con più o meno volontà) e renderlo al Mondo come nostro. E’ difficile portare il Pensiero oltre il Pensiero stesso, ma se fosse vera l’onestà intellettuale di tutti e ciascuno, col reciproco scambio di punti di vista ogni Mente aprirebbe “finestre” sul Mondo altrimenti impossibili da trovare da soli, figuriamoci ad aprirle. Non giudico il Prof. Galimberti del quale ho letto numerosi libri tra cui Psiche e Techne, ho stima di lui e della profondità del suo pensiero, molto illuminante per me e che mi ha condotto su strade impensate e a conoscere pensatori di ogni epoca (da Platone a Husserl, fino a Heidegger e Natoli e Severino e Jaspers e Anders e Benesayag… ). Insomma, sono andato alla ricerca delle sorgenti. Coi limiti di tempo, dato dai numerosi impegni che la vita impone; e cultura scolastica -ho la Licenza Media-. Ma non mi sottraggo a ricercare, a stanare il pensiero che ha generato ogni pensiero… e dove l’Uomo si è emancipato dagli dei; e dove lo porterà quello che gli è di suo, che lo rende tale: la Tecnica. Dove lo porterà quel “Figlio” che gli è proprio, che prima dell’avvento del Nazifascismo ancora riusciva un poco a controllare, ma ora è il Figlio che controlla e comanda il padre. Insomma, devo ringraziare Umberto Galimberti (e, appunto, tutto il mondo che mi ha aperto) se ho trovato una via di ricerca continua, facendo scaturire anche in me pensieri nuovi e un desiderio profondo di conoscere il Mondo e chi lo abita. Carlo Alberto Bortolotti

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