LE BORSE DI STUDIO NEGATE: I RETROSCENA DEL DIETRO-FRONT REGIONALE SULL’UNIVERSITÀ

Studentibors.jpgSe c’erano dubbi su quanto poco la Regione Veneto abbia a cuore l’Università e i suoi studenti, a rimuoverli contribuirà la ricostruzione che propongo della vicenda delle borse di studio che da qualche settimana vede mobilitati i giovani e le loro famiglie, in attesa da mesi di ricevere quanto loro spetta. Si tratta di informazioni e retroscena di prima mano, fornitemi direttamente da qualcuno che ha partecipato per conto di un ateneo veneto alle trattative università-Regione in materia.

 Le borse, dunque, hanno due fonti di finanziamento: in primis dai proventi della tassa regionale, che ogni studente universitario paga al momento dell’iscrizione (questi soldi sono riscossi direttamente dagli atenei che poi, in Veneto dove c’è una delega dalla regione alle università, li utilizzano direttamente per pagare la prima rata delle borse, mentre in altre regioni le borse vengono distribuite dagli enti regionali per il diritto allo studio, gli ESU); in secondo luogo sono finanziate coi fondi statali che arrivano alle regioni con vincolo di destinazione, che cioè possono servire solo per pagare le borse, per la parte che non viene coperta con la tassa regionale. Dunque nel 2010 nel Bilancio regionale sono arrivati da Roma 5.376.529 euro, che la Regione doverosamente ha messo nel bilancio dal lato delle entrate e dal lato delle uscite sempre con la destinazione a borse di studio; non solo: addirittura, il 29 dicembre scorso, è stato anche firmato dal dirigente preposto il mandato di pagamento a favore delle varie università del Veneto, ciascuna per la sua quota.


LE COLPE DEL PATTO DI STABILITÀ E LE SCELTE POLITICHE


 È a quel punto che il famoso patto di stabilità complica ogni cosa: costretta a mantenere le sue uscite entro un tetto rigido la Regione si trova a dover selezionare quali spese finanziare effettivamente (di cassa, come si dice) e quali no. E quindi – Direzione per Direzione – si fanno delle scelte di priorità, ovviamente con input politico. Per la Direzione regionale istruzione (così si dice nei corridoi) l’imperativo è di coprire prioritariamente la spesa per i buoni scuola, che consentono alle famiglie di mandare i figli alle scuole private. Peccato che a quel punto quello che rimane alla Regione da spendere per le borse arrivi appena a 2.500.000 euro, meno di metà di quanto stanziato da Roma.

La Direzione regionale convoca dunque le Università e dice loro che – non ritenendo praticabile politicamente la gestione di un finanziamento dimezzato delle borse di studio – o esse tirano fuori dai loro bilanci quello che manca, o la Regione non mette niente, e destina la somma residua ad altri scopi. Per edulcorare la pillola si sostiene che si tratta di una specie di prestito alla Regione, che sarà restituito quando i vincoli di cassa si attenueranno, sempre che allora vi siano poi ancora dei fondi a disposizione.

 

L’IRRITAZIONE DELLE UNIVERSITÀ


Le Università insorgono, e mandano alla volta di Palazzo Balbi una lettera di fuoco in cui sottolineano che “una volta di più, a pagare per la difficile congiuntura economica è lo studente e quindi, in definitiva, la società che vede allontanarsi quel progresso culturale della popolazione giovane che è il motore primo dello sviluppo. Non è un caso che gli estensori della Costituzione abbiano sentito l’esigenza di evidenziare ciò specificando come anche i giovani meritevoli ma privi di mezzi debbano essere aiutati a raggiungere il traguardo dell’istruzione superiore”.

I rappresentanti degli atenei veneti richiamano la Regione al senso di responsabilità nei confronti degli studenti e dei loro diritti (sanciti appunto dalla Costituzione), che deve essere prioritario rispetto a qualsiasi altra considerazione di opportunità politica ed è indipendente dalla parte politica sulla quale cade la responsabilità amministrativa in un determinato momento storico: le somme in questione, rispetto al bilancio regionale, secondo gli atenei non sembrano così impegnative da non poter essere affrontate, anche se magari a costo di scelte che potrebbero non essere facili dal punto di vista degli equilibri politici.


ATENEI, REGIONE, COMUNI, TUTTI IN ORDINE SPARSO

A quel punto viene convocata la riunione fra i rettori e l’assessore regionale alla pubblica istruzione, di cui ha già riferito la stampa e che ho commentato anche su questo blog il 6 luglio. Il problema è che, con una riduzione costante dei finanziamenti statali generali (quest’anno un altro -3.7%), oramai siamo al “si salvi chi può”, e ognuno in ordine sparso. Il rettore di Padova Zaccaria (già alle prese con la grana dei milioni di euro arretrati da restituire – per sentenza – ai lettori di madre lingua) ha detto ad esempio che la Regione deve assumersi le sue responsabilità; la Donazzan ha deciso di andare a battere cassa presso le fondazioni bancarie; a Verona invece l’Ateneo ha aumentato i contributi per l’anno prossimo sugli studenti di fascia alta (oltre i 55.000 euro di ISEE) per poter tener fede alla promessa di garantire a tutti gli idonei il pagamento della borsa, se serve con fondi propri. E infatti è stato anticipata l’erogazione dell’importo delle borse in modo che arrivino agli studenti in tempo utile e non in autunno, cioè a fine anno accademico, come accadrebbe se si aspettasse la distribuzione dei fondi ministeriali. Il Comune di Bassano ha invece deciso di procedere in proprio e di anticipare i fondi ai propri studenti…

ADDIO ANCHE ALLE RIUNIONI BILATERALI REGIONE-ATENEI

Il problema è che tutto questo si inserisce in un contesto di scarso dialogo e ancor meno collaborazione fra Regione e atenei: negli ultimi tempi infatti è venuta meno anche la prassi delle riunioni di consultazione e informazione università-regione che prima si facevano un paio di volte all’anno, segno della non volontà dei politici regionali di rapportarsi con i temi dello studio universitario e del diritto allo studio. Unica eccezione sono i policlinici e le aziende ospedaliere integrate, su cui l’interesse non viene meno. D’altro canto da parte delle Università va registrato un atteggiamento di sospetto nei confronti di eventuali ingerenze regionali nel loro campo. Ma i risultato è che vengono meno gli scambi e le sinergie fra istituti formativi, la politica, la società e l’economia, che di questi tempi sarebbero più che mai necessari anche come volano dello sviluppo, oltre che di crescita culturale e sociale.

LE BORSE DI STUDIO NEGATE: I RETROSCENA DEL DIETRO-FRONT REGIONALE SULL’UNIVERSITÀultima modifica: 2011-07-13T12:12:00+02:00da sergiofrigo
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