REFERENDUM E BENE PUBBLICO: MASSIMO CIRRI RILEGGE DON MILANI

Cirri.jpegDal sito “Cado in piedi” propongo questa intervista a Massimo Cirri, di Caterpillar, sui referendum e in particolare sul rischio quorum, con una interessante rilettura di Don Milani.


Il 12 e 13 giugno si vota per i referendum. Il rischio più grande è il non raggiungimento del quorumChi minaccia il quorum?

Il quorum è minacciato da molte cose. Dall’inebitudine delle persone, dal rallentamento delle emozioni, dalla caduta della tensione politica che c’era fino a qualche settimana fa in questo paese, anche se poi le cose sono cambiate, è un po’ cambiato il vento come diciamo qui a Milano. 
Penso che questi referendum appartengano sostanzialmente ai movimenti, forse un po’ meno quello sul legittimo impedimento perché era stato fortemente voluto dall’Italia dei Valori, gli altri appartengono ai movimenti. I partiti sono stati più fermi, più bloccati, soprattutto il movimento per l’acqua pubblica ha compiuto nell’indifferenza della politica, nella paura della politica, un’opera capillare nella raccolta delle firme che ha funzionato. Sono state raccolte più firme di quanto la politica si immaginasse. Il trascinamento credo che lo facciano ancora i movimenti, temo che la politica, o perlomeno la politica dei partiti, abbia perso tanta capacità di trascinare. Se questo trascinamento c’è, lo guidano i movimenti. 
Un’altra cosa importante che è successa qui a Milano è la vittoria di Pisapia. Una vittoria dovuta anche alla dissoluzione dei partiti. Direi che ci sono buone speranze. 

Un altro rischio per il quorum è legato alla questione complicata, volutamente pasticciata, del voto degli italiani all’estero che votano su un quesito formalmente diverso da quello sul quale voteranno gli italiani. Questo ha creato confusione. E’ dal 1995 che non si raggiunge il quorum al referendum, però dal 1995 qualcosa è cambiato in questo paese, soprattutto in questi ultimi mesi e penso ci sia una voglia, un bisogno, un’urgenza di dire la propria e il referendum è strumento per dire la propria! 

Si potevano votare i referendum insieme alle amministrative. Ma per un voto il Parlamento negò questa ipotesi. Quel giorno mancavano anche 11 parlamentari del Pd e 2 di IdV. Uno smacco… 

E’ un colpo di coda di un sistema politico che cerca di autoriprodursi. Questi 300 milioni spesi in più sono soldi pubblici, sono un bene pubblico come l’acqua e come l’utilizzo dell’energia. Questo tentativo di scorporare per frammentare ha dentro una componente potente e ignobile di miseria. Si poteva farlo, si poteva farlo risparmiando, si poteva farlo molto più tranquillamente, non si è voluto farlo. Non so se in quei pochi deputati dall’opposizione che mancavano c’è qualcosa o no. E’ stato un segnale brutto di disinteresse della casta verso i soldi di tutti. 

Qual è il referendum che da più fastidio alla casta politica?

Il referendum che dà più fastidio penso sia principalmente quello dell’acqua, perché mette al centro della questione, indipendentemente dall’acqua, la questione dei beni pubblici. I beni pubblici sono quelle cose che sono di tutti e che non è vero che non siano di nessuno. Perché se non sono di nessuno vengono percepiti come deleteri, come abbandonati, come da affidare al mercato. Ma se riparte il dibattito su quali sono i beni pubblici, su quali sono le cose di tutti, il patrimonio comune, c’è una valenza simbolica altissima perché dietro l’acqua c’è la questione del suolo. Certo che il campo è di quel signore, però l’uso del suolo, del paesaggio, il paesaggio è un bene pubblico. C’è la questione del posto in cui viviamo, se viviamo in luoghi brutti e diventiamo quindi persone brutte o se abbiamo la possibilità di vivere circondati da beni pubblici, il paesaggio, la qualità dell’aria, del verde. Qui c’è una grande potenza, penso che sia questo che dà più fastidio. 

Proprio rispetto all’acqua mi va di riportare questo scritto di don Lorenzo Milani, presente nel libro “A che serve avere le mani pulite se si tengono in tasca” (Chiarelettere).

L’ACQUA è DI TUTTIEstratto di “lettera dalla montagna, 15 dicembre 1955”

Caro direttore, 
a rileggere l’articolo 3 della Costituzione, “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale…” mi vengono i bordoni. Oggi non volevo parlarti dei paria d’Italia, ma d’un’altra cosa. C’è una legge che pare adempia la promessa del secondo paragrafo dell’articolo 3: “… è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini”. A te, cittadino di città, la Repubblica non regala un milione e mezzo, né ti presta i soldi. A noi sì. Basta far domanda… Infatti eravamo già a buon punto perché un proprietario mi aveva promesso di concederci una sua sorgente assolutamente inutilizzata e inutilizzabile per lui, la quale è ricca anche in settembre e sgorga e si perde in un prato poco sopra alla prima casa che vorremmo servire. Due settimane dopo, un piccolo incidente. 

Quel proprietario ha un carattere volubile. Una mattina s’è svegliato d’umore diverso e m’ha detto che la sorgente non la concede più. Ho insistito. S’è piccato. Ora non lo scoscendi più neanche colle mine. Ma il guaio è che quando ho chiesto a un legale se c’è verso d’ottenere l’esproprio di quella sorgente, mi ha risposto di no. Sicché la bizzettina di quell’omino, fatto insignificante in sé, ha l’atomico potere di buttar all’aria le nostre speranze d’acqua, il nostro consorzio, il famoso articolo 3, le fatiche dei 556 costituenti, la sovranità dei loro ventotto milioni di elettori, tanti morti della Resistenza . Ma qui la sproporzione tra causa ed effetto è troppa! Un grande edificio che crolla perché un ragazzo gli ha tirato coll’archetto! C’è un baco interiore dunque che svuota la grandiosità dell’edificio di ogni intrinseco significato. Il nome di quel baco tu lo conosci. Si chiama: idolatria del diritto di proprietà. A 1955 anni dalla Buona Novella, a sessantaquattro anni dalla Rerum Novarum, dopo tanto sangue sparso, dopo dieci anni di maggioranza dei cattolici e tanto parlare e tanto chiasso, aleggia ancora vigile onnipresente dominatore su tutto il nostro edificio giuridico. Tabù. Son dieci anni che i cattolici hanno in pugno i due poteri: legislativo ed esecutivo. Per l’uso di quale dei due pensi che saranno più severamente giudicati dalla storia e forse anche da Dio?…

Guai se non avremo almeno mostrato cosa vorremmo fare… Peccatori come gli altri, passi. Ma ciechi come gli altri no… Che i legislatori cattolici prendano dunque in mano la Rerum Novarum e la Costituzione e stilino una legge molto più semplice in cui sia detto che l’acqua è di tutti. Quando avranno fatto questo, poco male se poi non si riuscirà a mandare due carabinieri a piantar la bandiera della Repubblica su quella sorgente. Morranno di sete e di rancore nove famiglie di contadini. Poco male. Manderanno qualche accidente al governo e ai preti che lo difendono. Poco male. Partiranno per il piano ad allungarvi le file dei disoccupati e dei senza tetto. Non sarà ancora il maggior male. Purché sia salva almeno la nostra specifica vocazione di illuminati e di illuminatori. Per adempire quella basta il solo enunciare leggi giuste, indipendente dal razzolar poi bene o male. Chi non crede dirà allora di noi che pretendiamo di saper troppo, avrà orrore dei nostri dogmi e delle nostre certezze, negherà che Dio ci abbia parlato o che il Papa ci possa precisare la parola di Dio. Dicendo così avrà detto solo che siamo un po’ troppo cattolici. Per noi è un onore. Ma sommo disonore è invece se potranno dire di noi che, con tutte le pretese di rivelazione che abbiamo, non sappiamo poi neanche di dove veniamo o dove andiamo, e qual è la gerarchia dei valori, e qual è il bene e quale il male, e a chi appartengono le polle d’acqua che sgorgano nel prato di un ricco, in un paesino di poveri

don Lorenzo Milani


REFERENDUM E BENE PUBBLICO: MASSIMO CIRRI RILEGGE DON MILANIultima modifica: 2011-06-09T13:06:00+02:00da sergiofrigo
Reposta per primo quest’articolo
Questa voce è stata pubblicata in politica, società e contrassegnata con , , , . Contrassegna il permalink.