Siccome oggi è il primo maggio, avevo deciso di concedermi un giorno di riposo anche sul blog. Poi mi è venuto in mente che lo scorso anno (quanto voi lettori non eravate ancora le legioni di oggi…) avevo scritto una cosa sul lavoro festivo che mi pare ancora valida. E dunque… ve la ripropongo, con qualche considerazione aggiuntiva alla fine.
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Le considerazioni finali sono sostanzialmente un allarme: ci stiamo fumando le feste! Non c’è solo il lavoro festivo, che si sta estendendo sempre più; e non è solo la questione di Renzi e dei negozi aperti in molte città. Quest’anno a Pasqua, ad esempio, per la prima volta non ho ricevuto neppure un cartoncino d’auguri, né l’ho spedito, per la verità. E anche gli auguri via sms sono stati molto meno. Si avverte come una noia, quasi un’insofferenza, per le ricorrenze comandate e i riti tradizionali, religiosi ma anche sociali e politici (qua e là si è disertato il 25 aprile, ad esempio). Poi magari si accorre in massa al grande evento mediatico (come il concertone odierno, o la beatificazione di Wojtyla, o la manifestazione del 13 febbraio) ma si snobbano le iniziative locali, i dibattiti, le messe domenicali o le iniziative di partito, si scansano per stanchezza o per disincanto le occasioni di incontro che costituiscono l’ossatura delle relazioni sociali allargate, preferendo la gita fuori porta, che ti porta in mezzo a degli sconosciuti, o il pomeriggio in famiglia.
Insomma: il risultato è che magari si fanno giorni di vacanza, ma non si fa più festa. Perché da soli si possono fare tante cose, ma per fare festa bisogna essere in compagnia.