Ma c’è un altro pensiero che attraversa la mente e lacera il cuore, come un coltello arroventato: non è tanto la sua uccisione, non sappiamo ancora in quali circostanze, ma il fatto di sapere che c’è una persona che, in questi mesi, ha vissuto con Yara vicino, già morta mi pare, senza farsi “toccare” dal dolore di quei genitori, che imploravano che almeno il corpo venisse restituito.
Un pensiero che spaventa, perché ci fa intravedere l’orrore di cui può essere capace (e con cui può convivere) l’animo umano. Un pensiero quasi insostenibile.
14 dicembre 2010
CIAO MAMMA…
«Ciao mamma, vado».
Ma «ciao» si dice quando si torna,
e io dovevo intuire che quello era un addio.
Dovevo, e ora non mi dò pace.
Voi figli ci venite affidati
dalla forza della vita.
Noi vi scegliamo per sempre,
cioè almeno finché siamo vivi,
e a volte anche oltre…
Io invece ho fallito due volte:
la prima, perché non ho saputo fermarti.
E adesso, che non so ritrovarti.
La mia pena è lo strazio di questa impotenza.
Dove sei, con chi sei, cosa ti hanno fatto?
Ci sei ancora?
Tendo allo spasimo l’orecchio del cuore,
ma non ti sento.
Di te è rimasto solo quel «ciao»
che rincorro all’infinito nei labirinti
della mia disperazione.
E forse un’invocazione di aiuto
che non ho saputo captare.