LIU XIAOBO, UN NOBEL SCOMODO PER GLI AFFARI ITALIANI

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Mai Premio Nobel fu più intempestivo per l’Italia. Ma come, il nostro governo ha appena fatto ponti d’oro al premier cineseCinese.jpg Wen Jiabao, per consolarlo delle polemiche con gli altri leader europei lo ha riempito di elogi senza chiedergli niente, né sul fronte della parità economica né su quello dei diritti civili, ottenendo in cambio l’impegno a raggiungere i 100 miliardi di dollari di interscambio tra Italia e Cina entro i prossimi 5 anni, siglando ben 17 accordi commerciali e intergovernativi (vedi il dettaglio)…

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…e quei rompiscatole norvegesi proprio il giorno dopo ti vanno a premiare il dissidente Liu Xiaobo, in carcere dal 2008 per una condanna a undici anni per “incitamento a sovvertire il potere dello Stato”, cioè a causa della sua lotta per i diritti umani nel suo paese?

PRIMA VENGONO IL BUSINESS, DOPO (FORSE) I DIRITTI UMANI

Anche gli alleati, poi: cosa ti vanno a chiederne l’immediata liberazione, come hanno fatto Obama, il governo tedesco, il ministro degli esteri francese, il presidente del Parlamento Europeo? Che fretta c’è: non bastava dire, come ha fatto il nostro valoroso Frattini, che “Il Premio Nobel … incarna il riconoscimento internazionale per tutti coloro che, a prescindere dalla nazionalità di appartenenza, lottano per la libertà ed i diritti della persona? (cioè, in altre parole, che il premio Nobel è il premio Nobel…) Vogliamo proprio che i cinesi si incazzino, e ci cancellino le commesse? E tutto per uno sfigato intellettuale che si ostina a “irrigidirsi su questioni di principio”, cosa che i concreti governanti cinesi non sopportano proprio, come ha detto Berlusconi nel suo elogio al leader Wen Jiabao.

I NOSTRI AMICI DITTATORI

Non ci facciamo una bella figura, cari amici. Certo, di Berlusconi lo sapevamo: non riesce a farsi ricevere da Obama, ma i suoi migliori amici sono autocrati come Putin (a proposito, buon week-end, ma non esagerate con donne e vodka!), Gheddaffi, Nazarbaev, presidente del Kazakistan, persino l’ultimo dittatore d’Europa, il bielorusso Lukashenko, tutta gente che dei diritti umani se ne fa un baffo. Ma che nessuno, dopo il recente can can su Gheddaffi, abbia alzato una protesta per le accoglienze imperiali allestite per il leader cinese, mi sembra veramente imperdonabile. Evidentemente anche le mobilitazioni in difesa dei diritti umani viaggiano a corrente alternata nel nostro paese: si esercitano più volentieri nei confronti di stati piccoli e poveri piuttosto che verso il paese che controlla gran parte del debito pubblico dell’occidente, e possiede le chiavi del nostro benessere futuro. Dovremmo avere, come popolo, un’altra tempra morale, per sopportare i sacrifici che richiederebbe dire no al gas di Putin, al petrolio di Gheddaffi, agli affari con Jiabao.

MA ANCHE GLI ITALO-CINESI NON SCHERZANO

E non è che i cinesi d’Italia facciano una figura migliore: ieri ho raccolto qualche commento sul Premio Nobel per il Gazzettino, anzi, ci ho tentato, perché confrontarsi con la comunità cinese rimane un’impresa improba: non parlano l’italiano, non hanno rappresentanti, sembrano non interessarsi a nulla che non siano i loro affari e le loro cose. Ovviamente non hanno mai sentito parlare di Liu Xiaobo, e questo non è strano vista la lontananza e la cortina di silenzio che la Cina ha fatto scendere su di lui, ma quelli che ne parlano, come l’imprenditore Luca Pan, che lavora a Mestre ed è interprete ufficiale della Corte d’Appello di Venezia, vedono con preoccupazione e fastidio la sua attività in difesa dei diritti umani.

“Io sono realista – mi ha detto – Non sono comunista e sono cresciuto in Europa con una mentalità democratica, e inoltre non ho paura che la polizia mi venga in casa, ma se mi chiedono se la Cina è o no una dittatura, rispondo con un’altra domanda: ora è un paese stabile o no? E visto che lo è, dico che non ora ha bisogno che qualcuno tiri fuori dei casini. Lui ha ragione, certo, a rivendicare più democrazia: ma non è il momento di chiedere al paese di fare un salto più lungo del dovuto. Ci serve tempo, per migliorare, altrimenti finisce come nell’ex Urss».

LA LIBERTA’ E I DIRITTI: RIPASSATE FRA 30 ANNI

Perché sostiene questo? gli ho domandato.
«In Cina ci sono 1400 milioni di abitanti, suddivisi in 56 etnie. Fino a pochi anni fa la gente moriva di fame, e io stesso l’ho provata. Ora il paese cresce, e di fame non muore più nessuno, ma ci vuole niente per fare un passo sbagliato e ritrovarci come in Africa, ma con il triplo degli abitanti. Sarebbe un disastro non solo per la Cina, ma per tutto il mondo. Per questo ci vogliono tempo e pazienza, almeno venti, trent’anni. E poi i livelli di libertà sono molto cresciuti negli ultimi tempi. Certo, non è possibile insultare chi comanda, come in Italia, e anche le critiche non sono molto gradite, ma  c’è un altissimo dirigente del governo che ha aperto un sito dove chi vuole può anche contestare il suo operato, senza che gli succeda niente”.

Insomma, chi dice che i cinesi non si integrano nella mentalità e nella cultura italiana? A me sembrano perfettamente in linea col pensiero dominante: fatti i tuoi affari, vivi e lascia vivere. E soprattutto non disturbare il manovratore, se il manovratore non ti disturba…

 

 

 

 

LIU XIAOBO, UN NOBEL SCOMODO PER GLI AFFARI ITALIANIultima modifica: 2010-10-09T13:26:00+02:00da sergiofrigo
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