Abbiamo lasciato il Nord e la campagna, dove le facce delle ragazze in minigonna o fuseaux rivelano sotto il trucco e le acconciature moderne i tratti robusti delle contadine immortalate qualche secolo fa da Vermeer, Rembrandt, Van Gogh. Anche gli uomini nei porti, o i contadini delle belle fattorie in mezzo ai polder, conservano i lineamenti dei loro antenati “mangiatori di patate” o “seminatori”, per citare due celebri quadri di Van Gogh.
Eccoci dunque ad Amsterdam, dove il panorama umano – anche se può capitare di vedere le lepri correre nei campi della periferia o un airone assiso tranquillamente sul tetto di un’auto parcheggiata ai bordi di un canale – cambia radicalmente. Tanto nelle campagne esso appare ancora omogeneo e uniforme, tanto nella capitale si presenta variegato e indefinibile: nei quartieri periferici, tanto per dire, le donne col velo islamico sono ormai in maggioranza, ma indossano anche i jeans e vivono fianco a fianco coi vecchi fricchettoni reduci degli anni Settanta, che magari continuano a vivere nelle case occupate o in qualche barca ancorata ai canali, come quella nella foto a fianco.
Ma in questa capitale del commercio e della tolleranza l’ibridazione etnica è una costante da sempre, frutto di sovrapposizioni continue di tipi umani e di diversi stili di vita. Qui il cosmopolitismo ha vinto la sua secolare battaglia con l’integralismo identitario, ma ha scavato un solco apparentemente incolmabile col paese profondo e i suoi ceti popolari, quelli che a loro volta hanno fra gli intellettuali benestanti e sinistrorsi i loro nemici d’elezione, in quanto apostati dei principi di appartenenza, di morigeratezza, di laboriosità, di morale che qui come da noi tendono a proporsi come esclusiva identità collettiva riconosciuta.
Anche se da queste parti si è affacciata a suo tempo una forma particolare di xenofobia, con il leader omosessuale e populista Pim Fortuyn, assassinato nel 2002 da un attivista animalista, checombatteva l’immigrazione islamica nel nome della libertà e della tolleranza, rigettando qualsiasi connotazione di destra al suo partito.
Dopo la sua morte, e su suo espresso desiderio, Fortuyn fu sepolto in Italia, a Provesano, in Provincia di Pordenone.
Ora la parte meno nobile della sua eredità è stata raccolta dal biondo platinato (si dice per dissimulare i suoi tratti orientali) Geert Wilders , che alle recenti elezioni ha portato il suo “Partito delle libertà” (pensa un po’ che strani nomi danno qui ai partiti…) al terzo posto per i consensi degli elettori, pescando voti soprattutto nell’Olanda profonda e nelle periferie a forte penetrazione straniera.