FAMIGLIA CRISTIANA E I DUBBI SUL FEDERALISMO. VERSO LA SECESSIONE NEL SILENZIO GENERALE

“Si propone un federalismo che sa di secessione. Senz’anima né solidarietà”. Parole di Famiglia Cristiana, che nell’ultimo numero denuncia il disgusto dei cittadini verso la politica. “Mancano persone capaci di offrire alla nazione obiettivi condivisi… Non emerge un’idea di bene comune, che permetta di superare divisioni e interessi di parte”.

Su questo tema vi propongo il mio commento che uscirà sul prossimo numero di Nordesteuropa.it

L’INCERTA STRADA DEL FEDERALISMO

UNA RIVOLUZIONE NEL SILENZIO

 

Ci si limita a dibattere sui conti del dare e dell’avere fra regioni, senza affrontare i grandi cambiamenti che la riforma comporterebbe nella vita di tutti noi e nella tenuta del Paese.

In realtà in pochi sembrano convinti che il processo federale andrà davvero a buon fine: e nel frattempo si intensificano pericolosamente le spinte separatiste

 

di Sergio Frigo

Il federalismo, se andrà davvero in porto nella sua compiutezza (cosa di cui c’è molto da dubitare) non sarà solo un diverso assetto istituzionale, ma avrà effetti importantissimi sulla nostra vita, e in particolare sulla tenuta dell’unità del paese e sulle modalità con cui si raffronteranno le sue diverse aree. Eppure di questo passaggio epocale si discute pochissimo, e solo in ristretti ambiti politico-istituzionali, concentrandosi sostanzialmente su un arido (anche se necessario) conteggio del dare e dell’avere fra regioni. E questo anche nel Veneto, dato che neppure il fatto di guidare la Regione rende la Lega capace di trasformare il federalismo in qualcosa di diverso e di più di una battaglia di parte: e in questo la carenza culturale del Carroccio si avverte tutta. Qualcuno ha sentito un intellettuale, uno storico, un qualsiasi testimone dell’italianità, proferire verbo al riguardo? Si è visto un giornale sollevare il dibattito e portarlo avanti con serietà e determinazione? E fra i politici dei diversi schieramenti, qualcuno dà l’impressione di avere coscienza che si sta discutendo di questioni cruciali per il nostro futuro? Si è discusso certamente di più negli anni Sessanta, quando si è varata la formula del centro-sinistra, che peraltro associava i socialisti al governo, ma non cambiava certo gli assetti del Paese. Ma perché questo silenzio?

A mio parere non se ne discute perché non si crede realmente che il processo federalista andrà a buon fine. Nonostante le accelerazioni del governo prima della pausa estiva, infatti, l’applicazione pratica del federalismo – complice la crisi economica e le resistenze politiche ramificate a vari livelli – appare ancora incerta e futuribile. Molti osservatori sostengono poi che esso – lungi dal trasformare in un Bengodi le regioni del Nord – a causa dell’asfissia della casse dello Stato finirà, una volta applicato, per far avere ai cittadini meno servizi a costi maggiori: nonostante le rassicurazioni della Lega e di Tremonti infatti, secondo i quali il federalismo assicurerà solo risparmi e quinti nuove risorse disponibili per i territori, è noto a qualsiasi imprenditore e a qualsiasi amministratore che senza un investimento iniziale, i risparmi non si realizzano. E soldi per gli investimenti non se ne vedono.

Fra gli stessi leghisti cominciano ad affiorare dubbi e insicurezze, palesate per la prima volta anche durante il tradizionale raduno di Pontida. Ma questo suscita un altro interrogativo, su cui ho cercato di promuovere un confronto nel mio blog www.sergiofrigo.it, sottoponendo a studiosi e intellettuali (e ad esponenti leghisti) la fatidica domanda: e se dopo un’attesa messianica il federalismo si rivelasse un guscio vuoto, cosa accadrebbe nel popolo del Nord? Luca Ricolfi, Francesco Jori, Ilvo Diamanti (ma non Ferdinando Camon) concordano nell’ipotizzare una forte ripresa del separatismo, anche in forme che potrebbero superare l’attuale formazione leghista. Un leghista come Davide Lovat responsabile enti locali del Carroccio vicentino, ammette che per ragioni propagandistiche la Lega è pronta a spacciare per federalismo soltanto un suo simulacro, mentre il compagno di partito, il trevigiano Marzio Favero, sostiene che senza un federalismo vero si spaccherebbe il Paese, e che la secessione (economica, etica, culturale) è già in atto, a causa di un centro che continua a chiedere sacrifici a una parte del paese senza riuscire a dare risposte all’altra.

L’amara verità, in pratica, è che da qualunque parte si guardi la questione, la strada verso una divisione sostanziale dell’Italia sembra quasi segnata: sia che si avvii il federalismo, con il previsto, durissimo braccio di ferro che si prospetta tra regioni al momento della ripartizione dei fondi per la perequazione, sia che il federalismo non vada in porto e che continui il travaso di risorse dalle regioni virtuose del Nord al resto del paese (non solo a Mezzogiorno), nella crescente frustrazione di chi paga e vede i suoi sforzi continuamente penalizzati.

Situazione grave, a cui però applica le proprie riflessioni solo qualche isolata Cassandra: che, com’è noto, ma non era creduta da nessuno, ma prevedeva sciagure che poi si realizzavano davvero.

FAMIGLIA CRISTIANA E I DUBBI SUL FEDERALISMO. VERSO LA SECESSIONE NEL SILENZIO GENERALEultima modifica: 2010-08-16T15:10:00+02:00da sergiofrigo
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