DOVE CI PORTA LA FIAT? LA SFIDA GLOBALE AI DIRITTI

marchionne.jpgDove sta andando la Fiat? E soprattutto dove ci sta trascinando tutti?
La questione che sta dietro il duro confronto su Pomigliano e su Mirafiori e sull’applicazione o meno del contratto nazionale di lavoro rende esplicito cosa intende Marchionne quando dice che siamo passati all’era “dopo Cristo”: l’azienda è ormai totalmente dentro i processi di globalizzazione internazionali, intende giocare con quelle regole – che gli consentono di produrre in condizioni estremamente più vantaggiose – e il Paese e soprattutto la sua classe lavoratrice si devono adeguare. Altrimenti l’azienda se ne va.

UN MODELLO DESTINATO A FARE SCUOLA
Queste regole significano, in sostanza, una forte riduzione del costo del lavoro, e le notevoli facilitazioni all’insediamento di nuovi stabilimenti garantiti dagli stati in cerca di sviluppo industriale e di opportunità di lavoro per le proprie popolazioni. E il modello che la nuova Fiat ha assunto è destinato a fare scuola nel Paese. Marchionne ha semmai il pregio (oppure vi è costretto visto l’insediamento sociale e i vantaggi pubblici fin qui lucrati dalla Fiat) di porre sul tavolo una questione che altri imprenditori (compresi quelli del nostro Nordest) hanno risolta alla chetichella, decocalizzando senza troppa pubblicità.
Basso costo del lavoro, dunque, facilitazioni territoriali, magari anche regole meno stringenti sulla sicurezza e l’inquinamento degli impianti: tutto al fine di creare valore per l’azionista, che può essere la famiglia Agnelli, ma sempre più spesso magari è un Fondo internazionale, o una multinazionale globalizzata dalle partecipazioni talmente ramificate da risultare inestricabili.
COME TUTELARE I POSTI DI LAVORO E I DIRITTI ACQUISITI?
A questo punto si pone con forza la questione di cosa può fare un paese come il nostro per tutelare, oltre ai posti di lavoro, i suoi lavoratori e i loro diritti acquisiti, e non solo quelli economici. L’America ha scelto una sua strada, lo scorso anno, proprio “nazionalizzando” la Chrysler e le altre aziende e banche in crisi, la Germania e la Francia si muovono di conseguenza.
Non so se si tratta di scelte alla lunga vincenti. E’ evidente a tutti però che l’Italia su questo terreno sconta un ritardo di analisi e addirittura una distrazione impressionanti.
UNA POLITICA INCAPACE DI FARE SINTESI
Nel momento in cui sarebbe necessaria una governance politica forte, capace di fare sintesi dei due interessi in gioco – appunto la salvaguardia dei posti di lavoro e dei diritti dei lavoratori – e di operare su livelli adeguati all’importanza della posta in gioco (che sono nazionali ma soprattutto sovranazionali), il governo è totalmente assente, e la maggioranza totalmente assorbita dalle sue beghe e distratta dai problemi del Premier (il quale, en passant, fa anche – part time – il ministro dello sviluppo economico).
E il “socio forte” della maggioranza – la Lega – è fautore di una localizzazione che appare totalmente inadeguata al livello delle questioni sul tappeto.
MA L’AZIENDA NON HA DEI DOVERI?
Resta un’ultima considerazione: Marchionne ieri ha ricordato che accanto ai diritti (che la Fiat intende mettere in discussione, almeno per i lavoratori) ci sono anche i doveri: ma per le aziende e i loro manager quali doveri ci sono? Solo di garantire guadagni agli azionisti, senza prendersi in carico nessuna responsabilità sociale per i territori e i loro abitanti? Una questione da tenere ben presente, nel momento in cui si vuole mettere in discussione l’articolo 41 della Costituzione.

DOVE CI PORTA LA FIAT? LA SFIDA GLOBALE AI DIRITTIultima modifica: 2010-07-29T14:53:33+02:00da sergiofrigo
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