E SE NON ARRIVA IL FEDERALISMO? “Non c’è più tempo da perdere. Va abbandonata l’idolatria dello Stato” INCHIESTA/5 Marzio Favero

 

Padania.jpgDopo le interviste a Luca Ricolfi, Francesco Jori, Ferdinando Camon e Ilvo Diamanti sull’eventualità che la riforma federalista venga uccisa nella culla dalla carenza di risorse economiche dello Stato, ho sottoposto la stessa domanda ad alcuni esponenti leghisti, ricevendone risposte non scontate. Sono partito dall’assessore alla cultura e identità della Provincia di Treviso Marzio Favero: cosa potrebbe accadere nel Nord, gli ho chiesto, se adesso il federalismo, su cui sono fondate le speranze del popolo del Carroccio e dei suoi leader, davvero non arrivasse, o fosse solo una serie di misure edulcorate, tanto per dare un contentino a Bossi e a tutti voi?

“Non al Nord, cosa accadrebbe all’Italia intera – è la risposta – Salterebbero i meccanismi che consentono al Paese di rimanere unito. Bisogna che tutti si rendano conto che è finita l’epoca della spremitura del Nord, per la semplice ragione che non c’è più nulla da spremere: siamo arrivati al momento in cui non ci sono più risorse per garantire i servizi di base. Quanto potranno reggere i nostri sindaci, nel momento in cui si rendono conto che non possono più garantire i servizi minimi assistenziali, le mense per i bambini, i trasporti? Allora è meglio cominciare a pensare che è scaduto il tempo delle strategie dilatorie, in cui tutti citavano il federalismo come un mantra ma senza pensare di costruirlo realmente, ed è venuta l’ora di fare sul serio”.

 

 

IL SENSO DI RESPONSABILITA’ DELLA LEGA

La Lega è preoccupata?favero.jpg

“Non solo la Lega, tutti i partiti dovrebbero essere preoccupati, perché finirebbero per essere superati essi stessi da quello che potrebbe accadere. La Lega dal canto suo sta dimostrando una responsabilità che nessuno, tanto meno gli intellettuali, qualche anno fa si sarebbe aspettato: portiamo la croce come il Cireneo, quando invece potremmo tranquillamente fare della facile e redditizia demagogia. Stiamo invece analizzando i conti nel dettaglio, per cercare le forme che consentano una transizione federalista che non porti a delle spaccature; ma non si può tirare la corda all’infinito…”

La lega che si fa carico di evitare spaccature del Paese? Suvvia…

“Ma ci rendiamo conto che chi si oppone al federalismo tradisce il pensiero dominante dei nostri padri risorgimentali? L’anno prossimo, festeggiando i 150 anni dell’Unità nazionale, bisognerebbe che qualcuno si desse la briga di approfondire l’impostazione prevalentemente federalista che li animava. Non solo: vogliamo parlare della Prima Guerra mondiale, che si è combattuta dalle nostre parti e che ha visto fianco a fianco nelle trincee italiani di tutte le regioni, a scoprirsi fratelli? Ebbene, mica hanno scoperto lo Stato, ma una diversa forma di coscienza nazionale: per citare Gibelli col suo libro “La grande guerra degli italiani”, che non è sospettabile di simpatie autonomiste, di fronte alla tragedia che vivevano quotidianamente hanno cominciato a pensare che doveva essere una ben triste istituzione, quella che li mandava a morire come mosche”.

L’UNITA’ DEL PAESE NON COINCIDE CON L’UNITA’ DELLO STATO

E allora che coscienza nazionale hanno scoperto?

“Hanno scoperto una cosa che obtorto collo e forse senza neppure rendersene conto la sinistra ha inserito qualche anno fa nella riforma del capitolo quinto della Costituzione: che la Repubblica è fatta, come recita un articolo bellissimo di quella legge, dai Comuni, dalle Province, dalle città metropolitane, dalle Regione e dallo Stato. Per la prima volta l’unità nazionale non si faceva coincidere con l’unità dello Stato, ma con l’armonia di tutte le parti che compongono la Repubblica. L’idea che lo Stato, che non è altro che uno strumento del bene comune, debba coincidere con la Repubblica è ormai superata. La bellezza dell’Italia non è nel suo assetto monolitico, ma nella ricchezza delle articolazioni che la compongono”.

Cosa ne deduce, politicamente?

“Che forse anche la redenzione del Sud non deve passare attraverso lo Stato, ma magari attraverso patti di amicizia fra regioni, attraverso meccanismi di solidarietà mediati dallo Stato, ma attivati direttamente, che so, tra Veneto e Puglia, Lombardia e Campania. Lo aveva già capito Carlo Levi che il federalismo era un’occasione di speranza per il Meridione, e che bisognava abbandonare l’idolatria dello Stato”.

LA SECESSIONE? C’E’ GIA’ STATA

Come la mettiamo dunque col rischio-secessione?

“La secessione c’è già nei fatti: morale, economica, produttiva. Ma bisogna avere il coraggio di dire che qualsiasi recrudescenza separatista oggi è alimentata dal centro che non dà risposte, che continua a chiedere sacrifici a una parte del paese senza riuscire a dare risposte all’altra. E bisogna riconoscere che oggi non è più questione di destra o di sinistra, oggi la questione vera è mettere a punto un progetto che sappia riconciliare le diverse anime del Paese. Se falliamo, buttiamo al vento un’occasione enorme”

E SE NON ARRIVA IL FEDERALISMO? “Non c’è più tempo da perdere. Va abbandonata l’idolatria dello Stato” INCHIESTA/5 Marzio Faveroultima modifica: 2010-07-14T00:10:00+02:00da sergiofrigo
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