Marco Paolini ha presentato nell’ambito del Festival Città Impresa il suo nuovo spettacolo, dal titolo “BISOGNA (la pellagra via sms)”, che è un confronto corpo a corpo col nuovo Veneto emerso dalle urne, a forte maggioranza leghista: due ore e mezza di monologo intenso ma esilarante, nel quale recupera e aggiorna la lezione dei “maestri” (Rigoni Stern, Zanzotto, Meneghello, Dino Coltro) sul degrado del territorio e della convivenza, e rilegge le parole d’ordine della Lega (“paroni a casa nostra”) alla luce di una realtà in cui fette sempre più ampie del Nordest sono di fatto cedute alle grandi imprese per la realizzazione di grandi infrastrutture in regime di Project Financing, che di fatto lasciano le popolazioni titolari della “nuda proprietà” del territorio: come quelle case che le persone anziane in difficoltà economiche cedono a un nuovo proprietario con l’accordo che potranno continuare a viverci, in attesa di… andarsene per sempre. “E i fioi, e i nevodi?” “Che i se rangia!”
Nello spettacolo ci sono anche alcune suggestioni e citazioni tratte dal mio libro “Caro Zaia vorrei essere leghista ma proprio non ci riesco”. Grazie, troppo onore!
DI SEGUITO ALCUNI PASSAGGI DELLO SPETTACOLO
DALLO SPETTACOLO
«Na volta sigava i operai e i mezadri, adesso siga i paroni».
IL PAESAGGIO
«Ormai il nostro paesaggio è eccitante come le pagine gialle, con la segnaletica che invece dei nomi dei paesi riporta un lungo elenco di ditte, e insegne di questo tenore: “Tutto per la marmitta”, “L’arte dello shopping”, “Sensitivo angelologo”, e centri sociali che si chiamano Tintoretto, Michelangelo, Raffaello. Niente che ti dica “sei in Veneto”».
CICLISTI IN ROTATORIA
«La gente è nervosa come un ciclista in una rotatoria: “Se son in parte, son in meso”. É per questo che i ciclisti si vestono come supereroi, e si mettono insieme per fare massa critica, contro la minaccia di auto e camion».
Il meglio di noi lo diamo sulle rotonde, con le piastrelle, con l’ulivo, con la vite, con un campo di panoce. Mi viene un sospetto: e se le rotonde fossero le buche di un enorme campo da golf?»
PARONI A CASA NOSTRA
«Diciamo che vogliamo essere “paroni a casa nostra”, ma il resto è tutto in affitto, dagli ospedali, alle autostrade, ai parcheggi. Si chiama project financing, ma è come la nuda proprietà: come quelle case che gli anziani cedono a un nuovo proprietario, con l’impegno che ci potranno abitare fino alla morte».
AUTO, CAMION E TRENI
Le macchine sono diventate parte del paesaggio, anche i cani non gli abbaiano più contro, abbaiano solo quando si fermano e ne scendono i proprietari».
«I camion sono diventati i nuovi magazzini viaggianti delle fabbriche. Una volta finito il prodotto, la legge di mercato dice che non può rimanere in magazzino: e allora lo si carica su un camion e lo si fa girare, girare».
«Mario Rigoni Stern ha raccontato, ragionando sulla “Carta di Asiago”, che nel 1907 per andare da Asiago a Venezia con i mezzi pubblici si impiegavano 3 ore e 13 minuti; nel 1997 si è scesi a 3 ore e 4 minuti: capite? 8 minuti in 90 anni. Lo stesso col treno: tra il 1997 e il 2007 il treno da Bassano a Venezia ha guadagnato 4 minuti».
CASE E CAPANNONI
«Nel Veneto centrale negli quadrante compreso fra Venezia, Padova, Bassano e Ponte della Priula si è costruito qualcusa come 365 campi sportivi ogni anno di case altre tre metri, e 420 campi sportivi ci capannoni alti sei».
EMERGENZA PEDEMONTANA
«I Veneti non lo sapevano di essere in emergenza, ma la realizzazione della Pedemontana è stata inserita proprio nella legge sulle emergenze (quelle della Protezione civile spa) il giorno di ferragosto del 2009».
IL MOSE È SEXY
«Avete visto come funziona il Mose? Si alza come un casso. Dicono però che la cerniera potrebbe incantarsi, a causa dei caparozzoli. E allora se arriva la marea e la cerniera si incanta? Speriamo che la marea rinunci all’approccio».
JESOLO, DOLO E VENETO CITY
«A Jesolo vogliono fare dei grattacieli alti tre volte la profondità dell’Adriatico: forse perchè così ci vedono dalla Jugoslavia. E Dolo che non vuole essere da meno avrà dei grattacieli ancora più alti di Jesolo, grazie a Veneto City».
LA CULTURA
«La cultura serve se la sai adoperare. É lo strumento culturale che ti ermette di distinguere le svendite dalle occasioni. Serve a rompere i piani territoriali, non a battezzarli con nomi altisonanti».
«La cultura non è buon tempo, non sta in una laurea in un cassetto, nè su uno scaffale di libri chiusi, non è merce per turisti, digestiva o esotica. Non è un settore dell’economia, non è nemmeno un’una tantum come un condono.
Allora cos’è? In Veneto è come la campagna, qualcosa di cui ogni tanto ci si “sgionfa” de ciacole e poi ci si dimentica per fare finanza coi terreni.
A curare l’orto, il proprio orto, son bravi tutti, certo, bisogna! Ma non basta mica. Voglio parlare di futuro, di paesaggio e di servitù di passaggio».