Lo smarrimento della Chiesa, tra la concorrenza leghista e l’imperversare degli scandali

C’è un soggetto che in questi momenti – come e più dei partiti e dei politologi – dovrebbe analizzare con particolare attenzione (e dal mio punto di vista direi anche con preoccupazione) i risultati elettorali, e più in generale i suoi rapporti col sistema dei partiti e con la società circostante: parliamo della Chiesa e del suo entourage, tanto a livello locale che globale.

Non c’è dubbio che in tutto il Nord, ad esempio, è in atto da tempo da parte della Lega un tentativo di sottrarre ai vescovi l’egemonia del mondo cattolico, che – dopo gli smottamenti politici del movimento operaio organizzato – rimane l’ultimo baluardo contro la completa egemonia culturale leghista su questi territori. “Nel momento in cui fa sentire la sua voce dissonante su temi come immigrazione, pluralismo religioso, discriminazione – ha scritto Renzo Guolo definendo quello della Lega un “Cristianesimo senza Cristo” – la Chiesa contrasta palesemente il progetto del Carroccio” che ha bisogno “prima per radicarsi, poi per espandersi elettoralmente, non solo di aderire, ma di riplasmare in direzione di un ritorno a un cattolicesimo preconciliare e all’etnicizzazione della religione, il senso comune locale”.

Ci si poteva aspettare, in questo quadro, una reazione unita, forte e consapevole del mondo cattolico, volta se non altro a salvaguardare i propri residui spazi di movimento all’interno di una società in cui il retaggio religioso sta scivolando nell’insignificanza. E invece nelle scorse settimane abbiamo registrato l’aperto sostegno di esponenti di vertice di Comunione e Liberazione alla candidatura di Luca Zaia alla guida della Regione, coronamento di un processo di avvicinamento fra Cl e Lega in corso da almeno un paio anni, dopo che il Carroccio ha messo la sordina ai suoi pittoreschi riti padani: e questo persino a Verona, dove Flavio Tosi ha via via allentato i suoi legami col tradizionalismo cattolico per avvicinarsi ai più presentabili cattolici di rito ciellino, e in particolare al braccio operativo della Compagnia delle Opere (“opere pubbliche”, ha ironizzato qualcuno, sottovalutando il fatto che l’incontro avviene anche sul terreno dei valori della sussidiarietà e dell’antistatalismo cari a entrambi i movimenti). Con grande tempismo Zaia, che di suo si definisce un “crociato”, ha ringraziato i ciellini rilanciando l‘idea di inserire il richiamo alle “radici cristiane” nel futuro statuto regionale: glissando elegantemente sulla questione dell’accoglienza degli immigrati e sul “meticciato di civiltà”, per citare un tema caro al patriarca Angelo Scola, pure vicino a Cl.

Come ha reagito a questa mobilitazione il resto del mondo cattolico veneto, tradizionalmente più aperto – almeno nei suoi quadri intermedi – alle istanze progressiste? Se si esclude qualche presa di posizione individuale, le risposte sono state prudentissime, al limite dell’afasia, in particolare da parte dell’associazionismo, il quale sconta probabilmente due paure: quella di suscitare malumori politici all’interno della sua stessa area di riferimento, e quella – decisamente più prosaica – di ritrovarsi penalizzato in futuro nei rapporti con i nuovi protagonisti della politica regionale, che gestiranno con grande discrezionalità i finanziamenti pubblici grazie ai quali enti e associazioni anche cattoliche portano avanti progetti culturali e servizi assistenziali che costituiscono una parte significativa della loro attività pubblica.

Non parliamo neppure, invece, del dissenso cattolico, che è ridotto alla testimonianza di qualche intellettuale incanutito privo di relazioni significative con la stessa base dei fedeli e soprattutto di figure profetiche che sappiano raccogliere dentro la società civile il testimone che fu retto da personaggi a suo tempo noti e ascoltati come Raniero La Valle o Ettore Masina.

Tutto questo si colloca, come sappiamo, in un quadro di disagio profondo che vede la Chiesa battuta in lungo e in largo dai venti dello scandalo, soprattutto di natura sessuale, che la investono dalla base fino ai vertici, finendo addirittura per lambire Benedetto XVI, quanto meno per mancato controllo. Un disagio che ha la sua manifestazione anche a livello locale (chi si ricorda più del “caso Provolo” a Verona?) dove non si contano più i casi di sacerdoti travolti da rivelazioni relative a “fidanzate”, figli, amanti, o soggetti alle estorsioni di qualche compagno occasionale. Non a caso: i sacerdoti sono l’anello debole della catena, quelli che dopo gli anni eroici del seminario e dell’inserimento nelle parrocchie toccano con mano ogni giorno la fatica immane del loro mandato, la solitudine umana e culturale, l’impopolarità del loro messaggio in un mondo sempre più egemonizzato dai crociati padani e/o pagani, che in molti casi coincidono. E senza il sostegno di una famiglia vicino, o le protezioni delle mura dei sacri palazzi, dove gli scricchiolii sempre più minacciosi arrivano evidentemente troppo ovattati.

Non è facile imbastire su questo tema analisi o ricette, ma una cosa andrebbe detta, al “gregge dei fedeli”: state vicini ai vostri pastori. Con un’aggiunta per le “fedeli”: non troppo vicine.

Lo smarrimento della Chiesa, tra la concorrenza leghista e l’imperversare degli scandaliultima modifica: 2010-03-30T01:55:00+02:00da sergiofrigo
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