PER CHI NON INTENDE ANDARE ALLE URNE: TURARSI IL NASO, MA VOTARE BORTOLUSSI

RIPUBBLICO I MIO ARTICOLO USCITO SULL’ULTIMO NUMERO DI NORDESTEUROPA.IT

Ma si può votare, da sinistra, uno come Bortolussi, che dice che Berlusconi e Tremonti hanno fatto meglio di Prodi e Visco contro l’evasione fiscale? Che parla sempre di artigiani e piccole imprese, come di martiri perseguitati? Che sostiene ad ogni piè sospinto che avrebbe votato per Giancarlo Galan, se il governatore uscente si fosse presentato alle elezioni? Che esclude a priori di offrire assessorati alla sinistra (già) radicale – anche nel caso di una sua improbabile vittoria – col risultato di perdere a sinistra i voti eventualmente guadagnati al centro?

Si può, si può… Turandosi il naso, magari, tappandosi le orecchie, chiudendo gli occhi, ma si può e si deve. Qui cercherò di spiegare perché, annunciando però in partenza che ricorrerò alla disdicevole pratica di mettere in guardia dagli effetti di un eventuale trionfo leghista, piuttosto che puntare sulla “valorizzazione” delle virtù del candidato Bortolussi, come sarebbe auspicabile se la contesa elettorale non fosse così palesemente asimmetrica.

 

Questa volta apparentemente non si confrontano programmi antitetici, visto che il centro-sinistra ha messo in campo il più “leghista” dei suoi possibili candidati, uno dei personaggi pubblici che meglio ha incarnato in questi anni le istanze federaliste e modernizzatrici della piccola impresa che costituisce la nervatura del modello veneto, spesso in funzione anti-centralista e anche anti-sinistra.

Le proposte con cui si presentano le due maggiori forze in campo su alcuni punti essenziali (famiglie, lavoro, infrastrutture) non divergono dunque così radicalmente. Leggo, dal programma di Bortolussi, di riduzione del carico fiscale per i nuclei familiari economicamente svantaggiati e numerosi, di miglioramento dei servizi socio-sanitari alle famiglie, di completamento delle infrastrutture, più credito, meno burocrazia, meno tasse per le piccole imprese, di stabilizzazione dei lavoratori a tempo determinato, di allargamento degli ammortizzatori sociali a tutti i lavoratori dipendenti, di riconversione industriale su produzioni high-tech a basso impatto ambientale, di sussidiarietà fra istituzioni locali, di risparmio energetico invece del ricorso al nucleare… Non credo che nessun leghista avrebbe molto da ridire su questi punti, salvo aggiungerci un maggior rigore sul terreno della sicurezza e dell’immigrazione. Persino lo slogan “Prima il Veneto” con cui Zaia ha corretto il contestato “Prima i veneti” con cui aveva aperto la campagna elettorale a gennaio, riecheggia fin troppo il “Veneto primo in Europa” di Bortolussi (e anche certe proposte di De Poli).

Hanno dunque ragione coloro che non intendono andare a votare “perché tanto è lo stesso” oppure gli altri che – come il consigliere comunale del Pd vicentino Luca Balzi – si dicono intenzionati a scegliere l’originale (Zaia) piuttosto della copia (Bortolussi)? Oppure sono nel giusto l’imprenditrice progressista Marina Salomon e l’ex assessore di Cacciari Enrico Mingardi, che nel nome della lotta all’inefficienza della pubblica amministrazione a Venezia sono già saliti sul carro di Brunetta?

Non intendo giudicare i salti di schieramento, ma non posso fare a meno di chiedermi se chi si appresta a compierli ha valutato bene il fatto che anche queste elezioni amministrative si stanno rivelando l’ennesimo referendum pro o contro Berlusconi, e che votare Zaia – al di là delle schermaglie fra Lega e Pdl su chi sarà il primo partito del Veneto – significa dire sì al Cavaliere e soprattutto ai suoi progetti di radicale revisione in senso accentratore della Costituzione materiale del paese: alla “sua” riforma della giustizia, alla “sua” ristrutturazione della protezione civile, alle “sue” leggi sulla libertà di stampa e sulle intercettazioni. Anche a questo, purtroppo, bisognerà pensare il 28 marzo prima di depositare il nostro voto nell’urna.

E veniamo al Veneto, e ai probabili effetti di un’eventuale forte affermazione leghista, da noi e magari in tutto il Nord, Piemonte compreso. Farò un’altra considerazione che rischierebbe di portare acqua al mulino leghista, se non se ne segnalassi anche i risvolti inquietanti: è sicuro che una volta conquistata una regione così importante la Lega farà di tutto per fare bella figura, applicando rapidamente ed estesamente quel federalismo a geometria variabile approvato nei mesi scorsi e in attesa dei decreti attuativi. Già col federalismo demaniale saranno trasferiti agli enti locali beni pubblici importanti (caserme dismesse, porti, terreni…) dai quali ricavare risorse preziose per attuare i programmi, anche in tempi di vacche magrissime come gli attuali. A questo seguirà la rivendicazione di competenze anche in tema di trasporti, sanità, pubblica istruzione, a cui la Lega dal governo non farà mancare il suo appoggio, e le risorse necessarie. Sarà inevitabile però a quel punto l’apertura di un pesante contenzioso con le regioni del sud, che avranno tutto da perdere nel momento in cui si andrà alla perequazione del dare e dell’avere. Il sociologo Luca Ricolfi nel suo ultimo libro “Il sacco del nord” ha calcolato in 50 miliardi di euro l’anno la somma attualmente trasferita ogni anno dal settentrione al meridione: è chiaro che tale squilibrio deve essere corretto, ma quali conseguenze avrà per l’unità del paese un probabile, durissimo braccio di ferro condotto, invece che nel quadro di un superiore interesse nazionale, e quindi con gradualità e senso di responsabilità, nel nome della mera difesa degli interessi locali?

Tutto questo infine – aggiunto alla probabile flessione del Pdl orfano di Governatore – finirà per ridisegnare in profondità i rapporti di forza in regione a tutto vantaggio della Lega, che già controlla quattro province su sette e numerosissimi comuni, creando i presupposti per la trasformazione del Carroccio in un vero e proprio partito di raccolta territoriale, con l’ambizione di rappresentare insieme “tutto” il Veneto, operai e imprenditori, ambientalisti e cacciatori, celti e cristiani, destra e sinistra, sulla scia della vecchia Dc, ma senza i riferimenti nazionali, il retroterra del solidarismo e dell’universalismo cristiano, la capacità inclusiva (qualcuno direbbe la vocazione al consociativismo) che caratterizzarono per decenni l’azione politica dello scudo crociato.

A questo punto una domanda si impone: è davvero di questo che ha bisogno il Veneto? Di un pensiero unico di impronta localista, onnicomprensivo, autoreferenziale? Di un assetto politico e culturale programmaticamente chiuso al contributo delle minoranze acculturate, arcigno verso gli immigrati e culturalmente rivolto al passato?

Chi pensa di no ha già dato risposta alle domande poste all’inizio: Bortolussi sarà per molti aspetti indisponente, soprattutto per la sinistra-sinistra, ma la sua candidatura ha assunto, anche suo malgrado, una connotazione di ultima trincea, di baluardo dietro cui salvaguardare la facoltà di poter continuare a concepire uno spazio alternativo all’avanzare della marea localista che sta sommergendo il nord, di sfuggire al pensiero unico per poter immaginare un Veneto diverso, più aperto, solidale, cosmopolita… Ogni voto concesso a lui significa dire alla Lega “ci siamo anche noi” e rivendichiamo la nostra “diversità” rispetto al pericolo di una grande omologazione territoriale.

Se le cose stanno in questo modo, però, dovrebbe essere chiaro anche a Bortolussi che non gli basterà sostenere – soprattutto nelle ultime settimane di campagna elettorale – che lui farà, meglio, le stesse cose di Zaia, e che a sinistra conoscevano le sue posizioni nel momento in cui lo hanno scelto. Dovrà, ahilui, segnare maggiormente la sua differenza dal candidato leghista, e concedere qualche forma di riconoscimento politico anche alla sinistra sociale. Ricordando che al sempre più diffuso astensionismo dei delusi di quell’area si accompagna la simpatia che il Carroccio sta riscuotendo da tempo anche nella base operaia politicizzata.

ESCE SUL NUMERO DI MARZO DI NORDESTEUROPA.IT

PER CHI NON INTENDE ANDARE ALLE URNE: TURARSI IL NASO, MA VOTARE BORTOLUSSIultima modifica: 2010-03-26T02:21:00+01:00da sergiofrigo
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