PAROLE DI DONNE: TIZIANA AGOSTINI, ALLE RADICI DELLA DISUGUAGLIANZA. UNA “QUESTIONE MASCHILE”

Ma agli uomini interessa la “questione femminile”, cioè sono coinvolti dai temi della disuguaglianza, della discriminazione, della diversità proposti dalle donne? A margine delle riflessioni di questi giorni (ma anche di questi mesi, vedi il “caso Ruby) su tali questioni, di cui ho cercato di registrare qualche frammento anche in questo blog (con scarso riscontro, devo dire), propongo qualche considerazione di Tiziana Agostini,Agostini.jpgche è letterata, studiosa dei problemi di genere e assessora alle attività culturali, cittadinanza delle donne, cultura delle differenze al Comune di Venezia. Il suo libro, uscito in questi giorni, è un excursus “Alle radici della disuguaglianza” (Marcianum Press, € 16), in cui analizza – passando dalla biologia alla filosofia, dalla letteratura al sistema mediatico – come nei secoli e fino ad oggi si sono cristallizzate le disuguaglianze fra uomini e donne, con quali effetti drammatici sulla vita sociale (discriminazione, sfruttamento, esclusione dalle stanze del potere e violenza, in primis), e cerca di indicare una strada per la costruzione di una società plurale, che sappia finalmente valorizzare le differenze.

Ecco, per rispondere alla domanda posta all’inizio, io credo che la difficoltà a confrontarsi in profondità con questi problemi, senza pensare che siano solo “questioni di donne” (come facciamo in fondo anche noi “maschi evoluti”), costituisca la vera e propria “questione maschile”, di cui noi uomini dovremmo prendere coscienza: e invece oltre la metà dei maschi (si veda il sondaggio del Gazzettino di cui pubblichiamo il link) non riconosce nemmeno che esiste una discriminazione nei confronti delle donne, e c’è da pensare che una buona parte dell’altra metà abbia risposto affermativamente solo per sentirsi “politicamente corretti”.

Eppure affrontare questa situazione sarebbe indispensabile per almeno due buoni motivi: il primo è banalmente economico: se le donne sono migliori in molti campi (dalla scuola alle… file agli sportelli) la società avrebbe tutto da guadagnare a valorizzarle di più anche nei ruoli di responsabilità; forse sarebbe un modo per cominciare a porre diversamente anche l’ineludibile questione del potere, che al giorno d’oggi non può limitarsi al puro esercizio dell’autorità. Il secondo motivo riguarda invece proprio la relazione profonda di noi maschi con noi stessi, a cui accenna Tiziana Agostini nel brano che propongo qui sotto: indubbiamente molti di noi, oggi si sentono finalmente un po’ stretti nella gabbia del machismo in cui ci hanno costretto secoli di storia, ma le uniche modalità che abbiamo escogitato per uscirne sembrano essere quella, ridicola, dell’”uomo femminista”, e quella spaventosa del maschio che esorcizza con la violenza la propria debolezza.

 

 

 

di TIZIANA AGOSTINI*

Mi pare che sia venuto il momento di fare qualche passo avanti nella riflessione e nei comportamenti.

Quando cominciano le disuguaglianze e l’asimmetria dei ruoli? Potremmo dire con la nascita della civiltà (…)

Molteplici ricerche etnografiche ci hanno mostrato che la disposizione alla sottomissione, elemento che diviene tipico del femminile, così come la propensione maschile al dominio, non è il risultato di una attitudine biologica ma la conseguenza di un lungo lavoro di socializzazione basata sulla differenziazione.

La prerogativa maschile del comando diventa così anche una gabbia comportamentale, che impone il dovere di affermare in ogni circostanza la “virilità”. La virilità non è soltanto la semplice mascolinità anatomica, ma un insieme di caratteristiche che vanno dalla capacità riproduttiva alla predisposizione alla lotta e all’esercizio della violenza, da declinare in modo attivo per preservare il prestigio individuale, della propria famiglia sino a quello della propria comunità, oggi diremmo dello Stato per il quale si combatte e si muore.

La femminilità raramente richiede prove fisiche o scontri con avversari sul proscenio pubblico, riguarda piuttosto l’aspetto, la capacità di attrazione fisica e gli ornamenti esteriori (…) Le virtù femminili non hanno invece bisogno di ostentazione, ma di preservazione: la verginità della nubile, la fedeltà della sposa. La donna deve conservare, l’uomo deve aumentare, come la propria virilità.

Le donne diventano forti della loro debolezza, gli uomini forti rischiano di essere deboli.

La virilità deve essere continuamente convalidata da altri uomini ed ha un carattere eminentemente relazionale. I giovani per diventare adulti, specie nelle società primitive, hanno bisogno di superare prove, spesso a carattere cruento (…) per non dire delle autolesionistiche dimostrazioni di maturità dei nostri ragazzi, basate sugli eccessi (…)

* da “Alle radici della disuguaglianza”

 

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